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Tartarughe Ninja
30 anni fa le tartarughe ninja esistevano solo nei fumetti di Kevin Eastman e Peter Laird. I mezzi erano pochi, i soldi meno ancora, ma l'idea convinse immediatamente il pubblico di ragazzini per lo più newyorkesi che si sentivano vicini ai carapaci adolescenti, alla loro voglia di fare giustizia in una grande mela dove il sindaco Giuliani doveva ancora affacciarsi. Cupi, lunatici, scontrosi e perennemente arrabbiati (i loro occhi erano bianchi, vuoti) i quattro persero gran parte del loro lato dark passando pochi anni dopo al piccolo schermo: colori accesi, personalità positive nonostante la delinquenza dilagante, nuovi gadget pronti per soddisfare le richieste del reparto marketing. In questo quarto film per il grande schermo quel lato oscuro del guscio è totalmente sparito, relegato nello sfondo, nel grigio perenne delle nuvole e nella bassa luminosità tipica di un (inutile) 3D.
In primo piano, orchestrato da Jonathan Liebesman, il mantenimento della “Promessa Michael Bay” (qui produttore con la sua Platinum Dunes): uno stordimento caciarone ed ingombrante, una gazzarra di scene d'azione (concentrate per lo più nella seconda parte del film, maggiormente movimentata), CGI e live action ben fuse insieme e pesanti corpi metallici che si schiantano, scontrano, sfrecciano, sbattono facendo tremare poltrone, sfondando timpani, mentre il panico urbano dilaga e Megan Fox continua a non saper recitare (e la sua onnipresenza sullo schermo non aiuta). La Hollywood che si ripete dà sicurezza al botteghino, non si preoccupa troppo dei fans ma riesce ad accontentare le famiglie: il divertimento e l'emozione ci sono ma si presentano in maniera così accondiscendente che tolgono personalità anche al film. Se siete nati negli anni zero potrà andarvi bene; a tutti gli altri, fatevi un favore: rispolverate i VHS della prima stagione.