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1991, monta il conflitto tra Georgia e la repubblica separatista di Abcasia, spalleggiata dai russi. Tra i due litiganti, non gode la piccola enclave di estoni che lì risiedono dalla fine dell’800: se ne sono andati quasi tutti, scappando dalla guerra per far ritorno in patria, ma non tutti. Ivo (Lembit Ulfsak) e Margus (Elmo Nüganen) hanno scelto di rimanere: lì c’è la loro vita, lì ci sono i loro mandarini. Margus li coltiva, Ivo provvede le cassette di legno. La guerra non li risparmia: un cruento conflitto a fuoco scoppia davanti all’uscio di casa, facendo tre vittime e due feriti. Di opposte fazioni: il georgiano Niko (Mikheil Meskhi) e il mercenario ceceno Ahmed (Giorgi Nakhashidze), che combatte per l’Abcasia. Ivo decide di non abbandonarli al loro destino, morte certa, ma di portarli in casa, allettarli, medicarli e curarli: Niko e Ahmed non vedono l’ora di riprendersi per scannarsi, ma la forzata convivenza potrebbe cambiare le carte in tavola…
Nminato all’Oscar 2015 per il miglior film straniero e pluripremiato in tutto il mondo, Tangerines – Mandarini è scritto e diretto dal regista georgiano Zaza Urushadze, che stigmatizza come “la ragione alla base di un conflitto è del tutto arbitraria e artificiale. Questo film è il mio tentativo di dimostrare quanto anche i più acerrimi nemici possano superare questa ostilità innaturale e fermare un massacro istituzionalizzato”.
Atipico war movie, che senza dimenticare la violenza bellica dà tempo e modo per le relazioni umane e l’introspezione psicologica, Tangerines non è il primo film sui traumi geopolitici post Unione Sovietica, né ha una trama particolarmente inedita o avvincente, eppure, il racconto ha delicatezza, puntualità ed emotività atte a catturare l’attenzione dello spettatore e farlo riflettere sul vulnus della guerra. Non trascurabile l’impatto degli interpreti, ottimi: su tutti il mostro sacro del cinema estone Lembit Ulfsak, ma Giorgi Nakhashidze non è da meno.§
Tra location suggestive e voltaggio paradigmatico, dialoghi forieri di “pace” e alcuna concessione all’happy ending, Tangerines è un piccolo grande film che fa professione di pace, ovvero fede nel minimo comune denominatore umano.