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Summer
Shaun (Robert Carlyle), 40 anni e rotti, scozzese, vive, anzi sopravvive, nel nord dell'Inghilterra, dove bada all'amico Daz (Steve Evetz), paraplegico e alcolizzato agli sgoccioli, e al figlio di questi, l'adolescente Daniel (Michael Socha), peraltro abbastanza assente. Con un presente così, è facile tornare indietro, alla perduta e aurea (?) giovinezza: l'amore che fu, ovvero Katy (teenager con il volto - e le forme - di Joanna Tulej, adulta con quello di Rachel Blake), solare e generosa, capace pure di dissimulare - facendo lei stessa i compiti dell'amichetto - la grave dislessia di Shaun e "contenerne" la violenta irrequietezza.
Ping-pong tra ieri e oggi, tutto giocato nei flashback nostalgici e immaginifici di Shaun, l'opera terza di Kenny Glenaan, premio Alice nella città (13-17 anni) al Festival di Roma, deve molto al cinema di Ken Loach, da cui pare davvero "rubare" il working-class hero protagonista, splendidamente interpretato da Robert Carlyle.
Lui e la decrepita spalla Evetz ci regalano battute taglienti, improperi volgari e riflessioni politicamente scorrette (grazie a Dio!), con mitragliate di "Fuck!" e un realismo che quasi ci fa sentire l'odore della loro stamberga, faticosamente tenuta - almeno in piedi - da Shaun. Duetto da non perdere, il loro, anche back to school, mentre di schematismi e prevedibilità è affetta la maturità di Shaun e Katy, al contrario di grande alchimia e suggestione nell'adolescenza (Shaun ha il volto di Sean Kelly).
Dislessia, mancata alfabetizzazione, handicap, bullismo, c'è tutto questo in Summer, e sarebbe un indiscutibile bene, se non si cercasse la quadratura del cerchio, con iterazioni, rifrazioni e calchi che lo trasformano - vedi la copia-carbone finale con l'intervento del cacciatore e la fuga di Shaun, Katy e Daniel.
Rimangono le emozioni, ma - proverbio che piacerebbe al proletario Shaun - il troppo stroppia. E pure strucca, a giudicare dalle lacrime in sala...