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Fino a qui tutto bene: “Vogliamo dare voce e potere a chi non ce l’ha, come tante donne ancora oggi nel mondo”. Parola e intento della sceneggiatrice Abi Morgan (The Iron Lady), che mette la sua penna femminista al servizio della regista Sarah Gavron: Suffragette, già apertura del London Film Festival e poi di Torino.
Primo sul tema, il film ci riporta nell’Inghilterra di inizio ‘900, dove monta la ribellione delle donne per la disparità di trattamento salariale rispetto agli uomini e la negazione del diritto di voto: al movimento femminista delle suffragette guidato dalla mitica Emily Pankhurst (Meryl Streep) finisce per unirsi Maud (Carey Mulligan), moglie, madre e lavoratrice sin dalla più tenera età in un lavatoio.
Nel cast anche Helena Bonham Carter, Brendan Gleeson, Anne-Marie Duff e Ben Whishaw, Suffragette è il classico film sospinto da nobilissime intenzioni - persino urgente e necessario nonostante il trapassato remoto – e sostenuto da un cast superbo, ma destinato a storcere gli occhi dei critici e degli spettatori: s’intende, quelli devoti al mezzo cinematografico, e non al mero megafono contenutistico.
Per farla breve, la regia non c’è: le Suffragette erano organizzate, Suffragette è spontaneistico.