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Una foto di Succede anche nelle migliori famiglie
Si apre con un atto di hybris inusitato Succede nelle migliori famiglie, il nuovo film di Alessandro Siani come regista: i titoli di testa scorrono, su fondo nero, con la stessa font che usa Woody Allen nei suoi film. A vedere il livello che il film raggiunge dopo (per non parlare di uno dei suoi attori che in conferenza vela un paragone con Howard Hawks), bisogna dire che non manca l’autostima all’attore-regista, giunto al settimo lungometraggio nella doppia veste, il secondo prodotto dalla IIF Federica Lucisano.
Il film è un ritorno alla comicità pura con la storia di una famiglia che si ritrova per la morte del padre (Sebastiano Somma), ma soprattutto deve fronteggiare l’idea balzana che la madre (Anna Galiena, che recita con grazia degna di miglior causa) si voglia risposare con un uomo incontrato per caso (Antonio Catania). I tre figli della donna (Siani, Cristiana Capotondi e Dino Abbrescia) cercheranno di gestire a modo loro la soluzione. Siani, assieme allo sceneggiatore Fabio Bonifacci, scrive una commedia familiare che punta subito allo screwball di tradizione americana, mettendo da parte gli elementi malinconici, a cui spesso il protagonista ambisce, e accentuando i toni da commedia dell’arte.
Al di là della scrittura, che pure ha il pregio della stringatezza a supplire alle mancanze comiche o narrative, Succede anche nelle migliori famiglie, crolla proprio nei momenti in cui dovrebbe essere la regia a padroneggiare la situazione, ovvero le gag fisiche e slapstick che costituirebbero il “fiore all’occhiello” del film: basterebbe la prima, ovvero la discussione della laurea di Davide, per notare come la direzione della scena e il montaggio rovinino completamente la gag, anticipando ciò che accadrà per tutto il film, ovvero l’incapacità di azzeccare i tempi e la gestione filmica dell’umorismo. Se solo ogni tanto Siani allargasse le inquadrature, lavorassi di più e meglio con gli attori, diminuisse gli stacchi e desse fiducia alla gag, tutto sarebbe più armonioso e divertente. D’altronde, lo diceva proprio lo stesso Woody Allen in un libro intervista di qualche anno fa: per fare commedia, meno inquadrature hai e meglio è.
Chissà come sarebbe stato Succede anche nelle migliori famiglie nelle mani di un regista più maturo e consapevole, un Verdone dei bei tempi o uno dei nuovi nomi della commedia nostrana (come il duo Stasi e Fontana), uno che magari non si accontentasse di una colonna sonora che imita sfacciatamente motivi noti come Tutti insieme appassionatamente, che curasse meglio le inquadrature, che non si limitasse a qualche minimo tocco fuori dalla retriva retorica familista. Con i se e i ma non si fa la storia e nemmeno una recensione, siamo d’accordo, però possiamo almeno riparare alle troppe mancanze di un’opera che punta con poco talento a obiettivi per i quali ne serve più della media.