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Una scena del film
Nel circuito underground dei videogiochi circola, da qualche giorno, l'agghiacciante Stay Alive: scopo dello stesso, come da titolo, è quello di sopravvivere ad ogni costo. Ma lo spirito di una nobildonna del XXVII secolo, conosciuta con il nome di Duchessa sanguinaria, farà di tutto per impedirlo. Se ne accorgerà in poco tempo un gruppetto di ragazzi di New Orleans: ogni volta che qualcuno di loro muore nel videogame, vedrà finire la propria vita nel medesimo, tragico modo. Rimanere vivi, a questo punto, non sarà più semplicemente un gioco… Desta quantomeno curiosità constatare come, al giorno d'oggi, la contaminazione che più di un ventennio fa Wes Craven immaginava possibile, e quindi angosciante, tra gli incubi e la realtà (Nightmare), abbia dato seguito ad una serie di epigoni che, cercando di ipotizzare un'immantinente e tangibile adesione con il corso dei tempi, propongono ibridi come questo Stay Alive. Semihorror che, a differenza di altri prodotti recenti, non prende le mosse da un videogame preesistente per trasformarsi in film, il secondo lavoro di William Brent Bell ha il grande merito di saper creare un ipertesto con cui molti degli attuali consumatori di playstation & simili potranno riconoscersi. E, perché no, "auto-terrorizzarsi". Peccato il tutto duri più di mezz'ora, limite oltre il quale, onestamente, Stay Alive non ha granché altro da dire.