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Anson Mount in Star Trek: New Worlds. Photo Cr: Michael Gibson/Paramount+
La saga di Star Trek dopo decenni (data – non astrale – di nascita: 1966) a esplorare l'universo sconosciuto alla scoperta di nuovi, strani mondi e civiltà. Star Trek: Strange New Worlds è l'undicesima serie televisiva dedicata all'universo creato da Gene Roddenberry, e per la precisione lo spin-off di un altro prodotto del media franchise, Star Trek: Discovery. New Worlds è arrivato alla seconda stagione continuando a offrire i ben rodati elementi di sempre: azione, umorismo, speranza in un futuro migliore, amicizia, franchezza, dedizione. Grazie a questi pilastri immortali, Star Trek: Strange New Worlds dimostra di essere uno show sempre capace di rinnovarsi e rigenerarsi, riuscendo anche nella non facile impresa di aggiungere nuovi elementi al già ricco carnet di episodi (più di ottocento, considerando tutte le serie), fra cui molti esempi di narrativa seriale riconosciuti come classici e imprescindibili.
In questa seconda stagione, di fatto un prosieguo della prima senza particolari scossoni, emerge senz'altro un'orizzontalità più tenue. Sono invece chiari fin da subito le tematiche e gli argomenti a cui prestare attenzione, ovvero la definizione delle varie categorie di istinto – e le conseguenze che comporta seguirlo o meno – e il concetto di memoria. Quest'ultima ricompare nei vari episodi come un'ossessione: può essere perduta o necessariamente nascosta, esaltata o motivo di vergogna.
La serie riprende le fila da dove eravamo rimasti un anno fa, con l’arresto di "Numero Uno" Una Chin-Riley (Rebecca Romijn, già Mystica nei film sugli X-Men) per aver nascosto alla Federazione il suo essere un'illiriana, ovvero un'umana geneticamente modificata. Così, mentre il Capitano Christopher Pike (Anson Mount) accorre in suo aiuto approfittando di una "sosta ai box" dell'USS Enterprise, le avventure dell'astronave e del suo equipaggio iniziano senza di lui, con l'ufficiale scientifico Spock (Ethan Peck, nipote di Gregory Peck) al comando, ma giusto per la durata del pilot. Tuttavia questa breve assenza di Pike è rivelatrice di un'attenzione ancora più marcata alle storie dei singoli personaggi.
Oltre all'episodio centrato su Spock, del quale sempre più apprezziamo sia il dualismo vulcaniano/umano che il bizzarro e cervellotico senso dell'umorismo, troviamo puntate che raccontano più nel dettaglio, per esempio, la difficile eredità di La’an Noonien-Singh (Christina Chong), diretta discendente di quel Khan che tanto filo da torcere ha dato alla Federazione e del quale La’an, ufficiale a capo della sicurezza, non ha mai veramente imparato a gestire il pesante retaggio.
Non mancano poi focus su altri protagonisti che abbiamo imparato a conoscere e amare nella prima stagione, come l'empatico e vigoroso capo ufficiale medico di bordo Joseph M’Benga (Babs Olusanmokun), che già ci aveva strappato il cuore in passato con la straziante storia di sua figlia. Immancabile anche Uhura (Celia Rose Gooding), ora promossa al grado di guardiamarina e la cui interprete è riuscita a non far rimpiangere agli spettatori la storica Nichelle Nichols.
Tra gli altri personaggi in primo piano troviamo Erica Ortegas (Melissa Navia), pilota dell'Enterprise di cui sempre più apprezziamo la genialità e l'umorismo asciutto e dirompente e l'infermiera Christine Chapel (Jess Bush), dolce e coraggiosa ma soprattutto al centro di una delle linee romance della serie. Il suo travagliato URST (Unresolved Sexual Tension) con Spock rimane uno dei capisaldi emotivi della stagione, con momenti intensi e di grande trasporto. A sorpresa, ma non troppo, un altro protagonista è il sempreverde James T. Kirk (Paul Wesley), già intravisto nella prima stagione e qui alle prese con un viaggio nel tempo sulla Terra del passato.
L'aspetto sempre sorprendente di Star Trek: Strange New Worlds è la disinvoltura con cui tratta le strepitose complicazioni generate dalla molteplicità delle linee temporali e/o delle realtà alternative. In un mondo di cinecomic in cui ogni tre per due gli universi, generati dall'enorme mole di storie prodotte da franchise articolatissimi ed estremamente longevi, vengono di volta in volta moltiplicati o azzerati in modi in alcuni casi efficaci e in altri irritanti, nel tentativo, forse impossibile, di mettere ordine in un canone che è in costante espansione come l'universo, Star Trek si getta nel caos del multiverso grazie a personaggi la cui complessità consente di accumulare esperienze senza stravolgerne le caratteristiche principali. Se Spider-Man, ad esempio, è un archetipo che si può scarnificare e rimpolpare a seconda delle esigenze del momento, riplasmandone l'identità a seconda del pubblico a cui ci si vuole rivolgere, S'chn T'gai Spock è una personalità complessa che può accogliere una miniera infinita di sfumature piccole e grandi, che finiscono sempre per arricchirlo ma non ne mineranno mai l'essenza.
Ed è questa una caratteristica specifica dei prodotti televisivi del mondo di Star Trek, che hanno prelazione anche su quelli cinematografica. Tant'è vero che la recente trilogia per il grande schermo (Star Trek del 2009, Into Darkness e Beyond), pur presentando versioni più giovani ma fedeli dei personaggi della serie classica, è stata rinominata a posteriori "Kelvin Timeline" e viene considerata un reboot "alternativo" al canone classico. Lo spirito di Star Trek: Strange New Worlds è dunque più attento alla coerenza con le declinazioni storiche dei personaggi, e al contempo si scatena facendoli viaggiare nel passato (che poi è il nostro presente), scaraventandoli in mondi medievali o trasformando addirittura un episodio in un courtroom drama classico con tutti i crismi, in cui vengono affrontate, con lo stile lucido e appassionato della serie storica, le contraddizioni sociali che ammantano di razzismo perfino una società avanzata come quella della Federazione dei Pianeti Uniti.