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Sous le tapis
Odile (Ariane Ascaride) si prepara a festeggiare il compleanno. Mentre attende l’arrivo di figli e nipoti, il marito Jean muore (Bernard Alane) improvvisamente. Incapace di far fronte alla realtà, Odile decide di nascondere il cadavere sotto il letto. Nel Concorso internazionale di Bif&st 2024, l’esordio alla regia dell’attrice francese Camille Japy Sous le tapis (“Sotto il tappeto”) si giostra nel tragicomico, chiedendo alla commedia l’elaborazione del lutto, l’analisi delle dinamiche familiari, il predominio, malgré tout, della leggerezza, con accettazione dell’imponderabile e… viva la vida.
Leggerezza che invero avoca a sé una buona dose di semplificazione, soprattutto nella delineazione dei caratteri, sicché per una figlia (Bérénice Bejo) rigida e sfortunata con gli uomini, l’ultimo è un uomo d’affari e ciclista improbonibile (Stéphane Brel), c’è un figlio minore alternativo (Thomas Scimeca) e innamorato ricambiato di una post-hippie (Marilou Aussilloux), a maggior gloria del manicheismo, della dicotomia spiaccia – e un po’ dell’intesa stupidità del pubblico.
Produzione Mandarin et Compagnie, sceneggiatura Marie de Chassey, Sous le tapis si nasconde anche un un tot di polvere drammaturgica, che le secche di scrittura, le iterazioni e le asfissie del post-disvelamento danno nell’occhio. Pe fortuna, gli attori, dalla Bejo in giù, fanno il loro, e bene, assecondando una sorta di romanzo di (ri)formazione umana, in cui il segreto rivelato è ritorno al futuro, il rimosso esibito promessa di felicità.
Nulla per cui spellarsi le mani, abbastanza per godere di una coralità liberatoria, di un afflato esistenziale senza sopracciglia alzate né cipiglio ideologico da fine vita.