Se esiste la giustezza cinematografica dell’adattamento, intesa come corretta proporzione tra exploitation di un marchio e rispetto delle peculiarità del medium, i realizzatori di Sonic, al terzo tentativo, potrebbero averla centrata. La saga dell’alieno più veloce di Bolt, cooptata da Sega Mega Drive al grande schermo con risultati tutto sommato gradevoli nel primo, discutibili nel secondo, decisamente positivi in questo terzo, e per ora ultimo, atto (ma ben due scene extra nei titoli di coda annunciano l’ineluttabile proseguo), procede spedita al passo del suo riccio azzurro.

Con Jeff Fowler al timone, uno che aveva lavorato nel 2005 alle animazioni del gioco “Shadow The Hedgehog”, la continuità tra arcade e film è assicurata, a beneficio dei fan del primo e degli spettatori del secondo. Rispetto alle due precedenti sortite cinematografiche, Sonic 3 circoscrive la presenza dei due co-protagonsiti umani, lo sceriffo Tom Wachowski (James Marsden) e sua moglie Maddie (Tika Sumpter), “genitori adottivi”, riservando molto più spazio all’alieno, anzi agli “alieni” – con Sonic (doppiato in originale da Ben Schwartz) ritroviamo anche Tails (Colleen O'Shaughnessey) e Knuckles (Idris Elba) – e alle loro avventure, accogliendo in parte una richiesta dei patiti del videogioco.

Scriviamo “in parte” perché – ed è questo l’ace servito dagli sceneggiatori – l’umano ricacciato dal portone rientra dalla finestra con le fattezze carnevalesche di Jim Carrey, ancora una volta irresistibile villain della saga. Fattezze doppie perché Carrey, oltre a riprendere il ruolo del demente Dr. Ivo "Eggman" Robotnik, si appropria anche della parte del nonno di Eggman, l'ancora più demente Gerald Robotnik. Insieme, i due psicotici familiari costituiscono una minaccia esiziale per la sopravvivenza del pianeta, resa più credibile dalla seconda new-entry nel franchise, Shadow, una delle figure più popolari del Sonic-verse. Si tratta di un alieno del tutto speculare a Sonic (ma più potente e dalla pelliccia nera), ridestatosi parecchio arrabbiato da un crio-sonno durato mezzo secolo in un laboratorio militare segreto di un’isola giapponese.
La storia di Shadow e del suo desiderio di vendetta nei confronti di un mondo che lo ha privato dell’unica creatura capace di amarlo, apre una porta melodrammatica al racconto, a cui gli accenti rochi e sofferti di Keanu Reeves, voce originale del “mostro” (inevitabilmente qualcosa nel doppiaggio si perde), forniscono le dovute credenziali di autenticità.

Sonic 3 - Il film
Sonic 3 - Il film

Sonic 3 - Il film

Ma di porte, nel congegno immaginato da Fowler e il suo team di realizzatori, se ne aprono tante: detto del gigionismo a ruota libera di Carrey, il cui umorismo dichiaratamente squilibrato e ottuso continua a funzionare a meraviglia (da antologia lo scontro a colpi di baffi tirati dei due Robotnik), e del contraltare doloroso di Shadow/Reeves, vanno segnalati citazioni e rimandi sfacciati all’universo dell’entertainment americano allargato, come la presenza di "Chao Gardens", il ristorante di Chuck E. Cheese dov’è ambientata una delle sequenze più movimentate del film, o i tanti riferimenti diretti all’arcade originario, anche deal punto di vista musicale, con il recupero dal repertorio di "Live and Learn” di Crush 40, sigla di Sonic Adventure 2. di Crush 40.

Ma il piatto forte restano le pirotecniche scene di azione, su cui hanno lavorato ben sei squadre diverse per gli effetti speciali, che combinano la CGI più dinamica e scintillante a un’animazione retrò, più pixellata e in linea con l’estetica del videogioco degli anni Novanta e dunque più conciliata con i suoi nostalgici giocatori. In ogni caso lo spettacolo non mostra punti di cesura, mosso com’è da un’energia colorata continua. Il tutto in un prodotto a sandwich, imbottito di molte, moltissime cose senza per questo risultare indigesto. Ed è qui che c’è il mestiere del cinema da studio, con le sue traiettorie predeterminate e le sue formule narrative eseguite a menadito. Racchiuse però, e non potrebbe essere diversamente, dentro un racconto sentimentale sulla famiglia, sulla necessità salvifica di trovarne una, qualunque sia la sua specie. A riprova che anche nei giocattoloni più strampalati e tecnologici, l’effetto speciale che non deve mai mancare resta quello umano.