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Songs of Slow Burning Earth
Il cinema pone l’accento sullo sguardo. Trasforma la realtà in immagine, la rielabora, si fa testimone. Immergersi nel dolore di un conflitto diventa un dilemma morale, che si interroga su che cosa debba essere davvero catturato dalla macchina da presa. Si parla di etica, ma anche di estetica. Per i cineasti di tutto il mondo la guerra in Ucraina non può essere territorio di conquista, è necessario che sia educazione alla realtà.
Forse, in questo momento, il capolavoro resta il documentario di Mstyslav Chernov 20 Days in Mariupol, che racconta la caduta della città, l’avanzata delle truppe russe, il collasso di un luogo pacifico. La cineasta Olha Zhurba, al Tertio Millennio Film Fest con Songs of Slow Burning Earth, aggiunge un tassello in più alla riflessione. Usa il genere per confrontarsi con l’abisso. La cinepresa è a misura d’uomo, lo spettatore si trasforma nella persona comune che deve salvarsi. Il suo è uno spaccato sociologico, una sinfonia del dolore in cui la normale routine sembra un miraggio.
Le sirene riecheggiano, la popolazione è in fuga ed è proprio negli occhi dei più piccoli che si scorge la verità. È scontato sostenere che si tratta di una condanna a ogni tipo di violenza. Perché Zhurba è più ambiziosa: delinea il suo paradiso perduto, la tragedia di una terra distrutta dalla brutalità. Il film è come se fosse una canzone, un’opera, che con ritmo cadenzato si muove da un atto all’altro, mostrandoci un Paese ormai di fantasmi, in cui la condanna si deve tramutare in preghiera.
Se a colpire in 20 Days in Mariupol era il silenzio assordante prima dell’invasione, qui la chiave di lettura è in un treno preso d’assalto da chi vuole scappare, nell’individuo che si trasforma in collettività, in molte storie che costituiscono un quadro, purtroppo, di ordinaria follia.
Tutto inizia la mattina del 24 febbraio 2022. Gli ucraini cercano di capire che cosa sta accadendo, e intasano i numeri delle linee di emergenza. Qualcuno domanda: “È guerra?”. Ma la risposta già la si conosce. Inizia l’incubo, a cui è impossibile abituarsi. Città un tempo quasi sconosciute diventano improvvisamente protagoniste: Mariupol, Zaporizhzhia, Kharkiv. Saranno nomi che continueranno ad accompagnarci, a scuotere le coscienze. Zhurba osserva l’essere umano per indagarne l’essenza e invocare un rispetto mai perduto.