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Something Good
Parla come mangi? Matteo (Luca Barbareschi) parla bene, e in inglese (dote rara nel nostro panorama…), vuole visitare le cucine dei ristoranti per non finire avvelenato, ma che lavoro fa? Trafficante globale di cibi adulterati, anzi, una superstar del settore, tanto che dall'Italia viene chiamato a Hong Kong dall'infido uomo d'affari Mr. Feng, a capo del gruppo omonimo. L'occasione, non letteralmente, è ghiotta: la nomina a Ceo del gruppo è à la carte, ma Matteo deve prima realizzare una gigantesca truffa sul latte in polvere che le ONG acquistano destinazione Africa. Il nostro antieroe ha pelo sullo stomaco, bello fitto, e la coscienza a scomparsa: non si fa alcun problema, finché l'amore non si palesa ai fornelli con la bella chef Xiwen (Zhang Jingchu), che per una bevanda adulterata ha perso il piccolo figlio. Da Mi fido di te di Abate e Carlotto, con molte licenze creative, a Something Good, co-scritto, diretto e interpretato da Luca Barbareschi, che punta sul genere (thriller) e condisce il tema scottante delle sofisticazioni alimentari con love & redemption story. Non i palati raffinatissimi, ma soddisfa l'appetito, almeno quello di internazionalizzazione del nostro cinemino: dalla fascinosa fotografia, curata ai limiti dell'estetizzante, di Arnaldo Catinari fino ai costumi della somma Milena Canonero, i contributi tecnici danno nell'occhio, espatriando almeno la confezione, se non il racconto tout court. Crimini indigesti, intrallazzi in padella e passione nel piatto, Something Good pare buona televisione, ovvero il riassunto di un serial che l'Italia qui e ora non si può permettere. Ma in attesa di una tv “normale” questo assaggio delegato al cinema non guasta.