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L’importante è finire, cantava Mina, ma pure smettere. Dopo Smetto quando voglio (2013) e Smetto quando voglio – Masterclass (2016), siamo arrivati a Smetto quando voglio – Ad honorem, il terzo capitolo della trilogia diretta da Sydney Sibilia. Pietro Zinni (Edoardo Leo) è in carcere e con lui tutta la banda dei ricercatori, ma la minaccia incombe: Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio) progetta un attentato col gas nervino, e solo le migliori menti in circolazione possono fermarlo…
Sì, la saga di Sibilia si chiude, e ricordando i ricercatori & Co - Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Marco Bonini, Rosario Lisma, Giampaolo Morelli, la new entry Peppe Barra, Greta Scarano, Luigi Lo Cascio, Valeria Solarino e Neri Marcorè non si può non ricordare la ventata di novità che SQV ha portato nel nostro cinemino: calco hollywoodiano, promozione di uno star-system (chiedete a Fresi), costruzione di un franchise, presentazione di un autore, pardon, un regista.
Questo terzo capitolo è migliore del secondo, girato back-to-back, e meno del primo, come ci si poteva attendere, e induce a pensare, come ci si poteva attendere, che due e non tre sarebbe stato il numero perfetto. Vabbè, non sottilizziamo: SQV è girato meglio dei suoi analoghi, soprattutto perché non esistono, e può illuminare una via per altri Sibilia in erba con una sceneggiatura da trasformare.
Si chiude, dunque, in bellezza o quasi: attori buoni ne abbiamo (Fresi su tutti), produttori-registi (Matteo Rovere) validi ne abbiamo, registi curiosi, copioni e coraggiosi pure.
Non smettessero.