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Una scena di
Slipstream
Hannibal è tornato, solo che ora dirige, interpreta, musica e sceneggia. Slipstream è la pazza creatura di Sir Anthony Hopkins, attore straordinario e uomo di cultura raffinata. Vecchietto terribile, come Bigas Luna, sfodera un film magari non riuscito, ma di sicuro più giovane, coraggioso e sperimentale di tanti moderni yuppie di Hollywood. Felix Bonhoeffer (Hopkins) è affetto da un bipolarismo che gli impedisce di creare una barriera tra finzione e realtà. Una metafora delle follie umane e di quelle della mecca del cinema. Da qui inizia un viaggio psichedelico tra deserto e improbabili diner (la "Cafeteria"), pieno di sensibilità cinematografica e confusa creatività, Hopkins dirige con la stessa fantasia con cui compone le musiche del film stesso, in maniera magari disturbante, ma affascinante. I "suoi" attori lo seguono ciecamente (grande Turturro, Slater non è da meno). Un videoclip di 100 minuti visionario e didascalico (la chiusura di un obiettivo, un ciak, un rullo segnano sempre il salto tra finzione e realtà). Montaggio pretenzioso e dilatazione dei dialoghi non aiutano, ma questo rimane un film diverso e ribelle. "Lo sono sempre stato e sono felice di esserlo ancora". Anche noi.