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Michael Caine e
Jude Law
Protagonista, prima di tutto, è la casa. Che non parla, come fanno, invece, in modo incontenibile i due protagonisti maschili, ma si "muove" ed ha occhi nascosti ovunque, per spiare ambienti, corpi e anche anime. Fuori è barocca e austera, ma dentro è assurdamente, spietatamente moderna, fredda, inquietante, dark. Come sono il giovane playboy e parrucchiere (o attore?) Milo Tindle, ossia Jude Law e il suo attempato antagonista Andrew Wyke, ossia Michael Caine, scrittore vizioso e ambiguo, cui non mancano i soldi e la perversa, morbosa gioia di giocare con le sue prede e vittime (ma lui, davvero, quale ruolo occupa?), quando entra in gioco il fattore gelosia. C'è uno sfizio cinematografico in più nel gioco di Sleuth, sceneggiatura di Harold Pinter - un piacere del linguaggio eccelso e dialoghi di rara perfezione teatrale pur se talvolta segnati da qualche caduta di stile -, gioco del quale Kenneth Branagh e gli attori si sono innamorati: il fatto che il lavoro teatrale di Antony Shaffer all'origine del film è già stato portato sugli schermi da Joseph Mankiewicz nel 1972 e che in quella memorabile trasposizione (in Italia aveva assunto il titolo de Gli insospettabili) l'allora giovane Caine interpretava il ruolo oggi di Law e il suo rivale era niente di meno che Laurence Olivier. Questo rende l'idea della verticistica tecnica recitativa di cui il film si deve avvalere e nutrire: i dialoghi, ieri come oggi - anche se i due film sono di natura assai diversa - sono l'anima e condensano l'esperienza quasi sensoriale dello spettatore. Lo scrittore incontra il giovane e la loro iniziale stretta di mano, vista dall'alto nella sempre mobile e attenta regia di Branagh, è presaga di non troppi pacifici colloqui e di molti silenzi intimidatori: il secondo ha sottratto la moglie al primo, barattano un possibile accordo che li renda equivocamente liberi, si divertono ad occupare ruoli agli antipodi, ma la verità si annida, come spesso avviene, altrove. Mentre le vibrazioni degli archi e la ripetitive note del pianoforte, perfetta, intima musica da camera di Patrick Doyle, danno subito l'idea di quale tipo di sonata accompagnerà le serate e le bevute dei due: diabolica.