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SKAM Italia (Francesco Ormando/Netflix)
Al secondo punto di svolta in sei stagioni, SKAM Italia gioca al rilancio. Dopo aver affrontato al meglio il passaggio dall’universo autonomo (un sito in cui, a cadenza settimanale, venivano caricare le prime puntate, poi rilasciate anche sotto forma di clip quotidiane “in tempo reale”, costruendo l’illusione del “qui e ora”) alla piattaforma streaming (su Netflix dalla quarta edizione in poi, complice il lockdown, decade l’effetto della finta diretta), ecco che si è ritrovata con il tipico problema dei teen drama: che si fa quando i protagonisti crescono?
SKAM, un franchise norvegese che in Italia è riuscito a ricavare il meglio dalla pratica del remake (che non vuol dire solo copiare ma adattare, ripensare, ricalibrare, innestare), gira attorno a una scuola, il Liceo Kennedy di Roma, che non è tanto l’epicentro ma uno dei teatri in cui avvengono e si annunciano i cambiamenti di un gruppo di ragazze e ragazzi. A un certo punto, nella quinta stagione, l’anagrafe e la narrazione hanno imposto un cambio della guardia: ai personaggi storici ormai fuori dalla scuola, che siano universitari o in cerca di un posto nel mondo, si affiancano i nuovi studenti del Kennedy, legati dalla presenza di Elia (Francesco Centorame), amico dei primi ma ancora a scuola in quanto bocciato.
Una convivenza “soft”, dato che la quinta di SKAM, una delle migliori della serie, aveva un perno molto forte in Elia e nel suo problema (il micropenismo con tutto ciò che gira attorno), “risolto” anche grazie all’amore con Viola (Lea Gavino), una studentessa che conosce alle riunioni di un collettivo.
Con la sesta stagione, l’avvicendamento si fa definitivo. In un modo coerente e in un certo senso commovente: una festa in casa per il compleanno (a sorpresa) di Elia. È l’ultimo momento in cui vediamo i protagonisti delle precedenti stagioni tutti insieme, in primis Eva (Ludovica Martino) a Martino (Federico Cesari), e, se è vero che qualcuno resta nell’orbita (la fondamentale Silvia di Greta Ragusa), è davvero il saluto a un mondo – a una leva attoriale – che chiude la sua esperienza nel “teen drama”.
Ed è pure un patto di fiducia con lo spettatore: sono loro che garantiscono l’autenticità dei nuovi protagonisti, il loro legame con la filosofia di una serie che non è solo lo specchio di una generazione ma anche uno dei migliori racconti in assoluto nel raccontare l’adolescenza. Ricordando sempre che “skam” sta per “vergogna” o “imbarazzo”, mettendo al centro il senso di inadeguatezza che ogni personaggio è costretto ad affrontare nel suo percorso di crescita. E che questa serie si regge sull’equilibrio tra coralità e individualità. Si capisce bene nei primissimi minuti, con una carrellata di titoli di quotidiani che riportano le varie aggressioni fasciste di questi ultimi anni.
Scritta da Ludovico Bessegato, Alice Urciuolo e Elisa Zagaria, diretta da Tiziano Russo, SKAM Italia 6 dà voce allo sguardo di una generazione che è forse la più “politica” e militante da decenni. C’è dell’affetto nella rappresentazione del collettivo femminista, un po’ scapestrato e non proprio popolarissimo, ma il precipitato politico è la chiave d’accesso per focalizzare l’attenzione sulla protagonista di stagione, Asia (Nicole Rossi), leader carismatica, volitiva e determinata che deve affrontare i disturbi alimentari, lo stress emotivo e le conseguenze di un amore inaspettato con il misterioso Giulio (Andrea Palma).
Mantenersi sempre su un alto livello è difficile, eppure SKAM rilancia, appunto, perché non si tira indietro di fronte alla complessità: è vero, qua e là si corre il rischio della rappresentazione didascalica (benché, vivaddio, mai retorica), ma rinuncia alla centralità della storia sentimentale per farne pezzo di un discorso più ampio in cui tutto è politica (il corpo personale, lo spazio collettivo, i rapporti sociali, le sensibilità e le culture). E dove si riflette sulle ideologie sugli effetti sciagurati nel pubblico e sui contraccolpi nel privato, sul dramma dell’appartenenza al branco e sulla possibilità dell’espiazione attraverso la comprensione dell’altro.
Come sempre, l’ultima puntata è il mosaico di altri punti di vista, testimonianza di quanto la scrittura di questa serie sia ricca non tanto per ciò che fa vedere ma per quel che tiene nascosto in piena vista, e ancora una volta è il mare a fare da specchio al desiderio di non essere come tutti, mentre le onde e il vento aprono a un futuro sospeso tra lo stupore di una felicità improvvisa e la lezione di un dolore che un giorno ci sarà utile.