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Simon Werner a disparu...
Certo, deve essere stato bello andare al cinema nei primi sessanta/settant'anni di questo secolo. Evo storico cinematografico in cui l'arte della ripetizione, del dejà-vu citazionista doveva essere ai minimi storici. Simon Werner a disparu..., del regista francese Fabrice Gobert, è uno di quei film, invece, che si sente essere arrivato dopo tanti altri che l'hanno preceduto. E su di sé ne assume tutto il possibile peso espressivo di riporto. Si pensi ad Elephant di Van Sant o al solito sezionamento dei punti di vista differenti rispetto agli stessi accadimenti della storia alla Kurosawa. Qui il racconto esile esile è ambientato nei primi anni '90 in una scuola superiore della prima periferia parigina, al limitare di un bosco. Simon, ultimo della lista nell'appello scolastico, non va a scuola da diversi giorni. Allora a qualcuno dei suoi compagni nel microcosmo periferico sorge il dubbio che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Il ritrovamento tra le frasche del cadavere scomparso, durante una festa notturna di compleanno, mette la parola fine ad una scomparsa inutilmente ammantata di attesa e mistero. Gobert sceglie di raccontare gli stessi due o tre giorni optando per i punti di vista di Jeremie, il ragazzo più sportivo che si ritrova con il gambone ingessato come James Stewart ne La finestra sul cortile; Alice, la bellona della scuola ambita da tutti; Jean-Baptiste, il secchione impacciato, maglioncino di lana con cavalli disegnati nel girovita. Dulcis in fundo: Simon, ragazzetto disinibito, giubbotto di pelle, voglia di cambiare aria e le sue ultime azioni da vivo. Una messa in scena che sposta millimetricamente filtri e piantane ad ogni cambio di personaggio, in un curioso effetto di ripetizione con sfumature che non basta a ravvivare un testo piatto e privo di guizzi morali, sociologici, psicologici, cinematografici. La regia di Gobert è preda di un immobilismo esasperante. Gli attori tanto bellini ed implumi esteriormente non riescono a trasmettere un briciolo di erotismo nemmeno nelle diverse e sottolineate scene di coppia. Rimane l'amaro in bocca per questo mescolarsi di thriller, detection, teen-movie e il pallido fantasma in loop dei corridoi di Elephant.