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Side Effects
Approda al concorso della 63. Berlinale il regista americano Premio Oscar Steven Soderbergh con un thriller sui big dell'industria farmaceutica internazionale. Side Effects, rivela Soderbergh, “sarà con ogni probabilità l'ultimo film che farò. A Hollywood”. Si vedrà, ma intanto il regista deve alle sue star (di Hollywood) se il film regge a stento la prova del grande schermo e con qualche effetto collaterale. La trama si intreccia e annulla con troppi colpi di scena. Un thriller è ottimo quando è lineare. La depressa Rooney Mara è sull'orlo di una pesante crisi di nervi a rischio di suicidio. Jude Law è lo psichiatra Dr. Banks che deve aiutare Emily a guarire. Al Dr. Banks la cura sfugge di mano e prescrive diversi farmaci, come milioni di colleghi reali fanno ogni giorno.
Il problema è che una delle pillole ha effetti collaterali indesiderati, poco conosciuti, (perché poco studiati) e gravi. Una sera Emily accoltella il marito (Channing Tatum). La domanda che getta sul tavolo il film di Soderbergh è semplice, ma troppo complicata per i colossi del farmaco, e per gli ordini professionali: di chi è la responsabilità? Del Dr. Banks? Della pillola? O Emily è semplicemente un'assassina? Questa è la quinta volta di Soderbergh al concorso della Berlinale. Ancora una volta una classica storia à la Soderbergh, con attraversamenti di genere, regole e gusti cuciti insieme, e il tocco che sfiora la coscienza politica. Eppure ne siamo convinti: un thriller riuscito deve essere lineare e il suo perimetro è il cervello umano.