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Michael Moore
in una scena del doc
Le due facce di Michael Moore, il documentarista-predicatore più pericoloso d'America (per i poteri forti statunitensi, beninteso). Ideologico, cinico, un po' fazioso e manicheo, provocatorio fino al paradosso (l'episodio finale degli eroici volontari dell'11 settembre - malati e non tutelati economicamente nelle cure dalla loro nazione - accolti gratuitamente negli efficienti ospedali della "nemica" Cuba di Castro). Ma anche delicato, filosofo dell'etica, desideroso di scoprire la verità delle situazioni, soprattutto rispettoso del dolore altrui, capace di ascoltare e non solo di denunciare. Le due anime di Moore si alternano nel film-inchiesta Sicko (dall'inglese "sick", cioè "malato"), odissea grottesca e insieme dolente nel crudele sistema sanitario degli Stati Uniti. L'avanzata democrazia occidentale che si trova vergognosamente al 37esimo posto nella classifica della qualità dell'assistenza sanitaria dei suoi cittadini. Le testimonianze tragiche e insieme assurde che Moore ha raccolto focalizzano la disumanità delle società private di assicurazione sanitaria, che al momento di coprire le spese per interventi e terapie, trovano mille trucchi burocratici per negare i soldi agli assistiti, lasciandoli morire. Moore riflette sul fatto che il diritto alla sanità e la dignità dei pazienti non dovrebbero neanche essere in discussione, eppure la cronaca contraddice ogni postulato etico. Come in una struttura dantesca, dopo la discesa agli inferi della malasanità il viaggiatore Moore risale poi in altri territori che somigliano al paradiso, almeno in quel settore.
Per la recensione completa leggi il numero di settembre della Rivista del Cinematografo