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Si può fare
Milano, quella da bere degli anni '80: rosso ma aperto al mercato, il sindacalista Nello (Claudio Bisio) viene esiliato in una cooperativa di disabili mentali, usciti dai manicomi grazie alla legge Basaglia: cercherà di liberarli dai lavori assistenziali, riducendo - contro il parere dello psichiatra Del Vecchio (Giorgio Colangeli) e in sintonia con il basagliano Furlan (Giuseppe Battiston - le dosi di psicofarmaci, e trasformarli in parquettisti di successo, con gli schizofrenici Gigio (Andrea Bosca) e Luca (Giovanni Calcagno) formidabili posatori di mosaici realizzati con pezzi di scarto.
Dopo i discreti Se fossi in te ed E' già ieri, Si può fare è l'opera terza di Giulio Manfredonia, nato con Luigi Comencini, cresciuto con la figlia Cristina e i fratelli Frazzi, e poi ottimo direttore di comici prestati al cinema, da Albanese a De Luigi. Logico, dunque, affidare il ruolo da protagonista a Bisio, capace di una prova misurata, tra vis comica e sensibilità interpretativa. Ma sono soprattutto i "picchiatelli" a convincere, reduci artisticamente felici di un pre-provino di tre mesi, con visite al Museo della Mente di Santa Maria della Pietà e tanta documentazione.
Fuori concorso, tra le polemiche, al Festival di Roma, scritto da Manfredonia con il soggettista Fabio Bonifacci, Si può fare trae ispirazione dalla coop per disabili psichici Noncello di Pordenone e rappresenta, di questa e analoghe esperienze, una buona divulgazione, in cui volontà di commedia e tensione realistica aprono la nostra agenda sulla pagina, dimenticata, del post legge 180/78, che chiuse i manicomi e aprì al mondo i pazienti. Se Qualcuno volò sul nido del cuculo è termine di paragone ovvio e insieme distante, Si può fare, oltre al merito civile, va premiato per i suoi straordinari e folli caratteristi: con Bosca e Calcagno, Michele De Virgilio, Carlo Giuseppe Gabardini, Andrea Gattinoni, Natascia Macchiniz, Rosa Pianeta, Daniela Piperno, Franco Pistoni, Pietro Ragusa, Franco Ravera, Tony D'Agostino, Daniele Ferretti.