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Senna
La mattina prima del suo ultimo Gran Premio a Imola, il 1° maggio 1994, Ayrton Senna, forse il più grande pilota che la Formula Uno abbia mai visto correre, aveva letto come d'abitudine la Bibbia per chiedere consiglio al Signore sul da farsi, ovvero se affrontare una corsa che, sulla carta, si presentava pericolosa per una serie di anomalie tecniche. Aprendo una pagina a caso, il campione brasiliano aveva letto: “Il più grande dono che Dio può fare è Dio stesso”. Confortato da quelle parole, il pilota 34enne si vestì e si diresse verso l'autodromo dove avrebbe incontrato il suo destino. Questa è solo una delle tante rivelazioni del documentario Senna, realizzato in occasione dei 50 anni, mai compiuti, di questo straordinario sportivo. Prodotto dall'inglese Working Title, la società alle spalle di grandi successi britannici come Notting Hill e Bridget Jones, Senna è diretto dal regista vincitore del Bafta, Asif Kapadia, utilizzando tutto materiale di archivio inedito, nonché filmini personali della famiglia del pilota.
Uno spettacolare puzzle di emozioni, adrenalina, colori, speranze e sogni infranti da cui emerge il ritratto di uomo amante della velocità, profondamente religioso e fieramente opposto alla sua nemesi, il campione francese Alain Prost. Un doc sui generis, perché dopo un quarto d'ora dall'inizio, il carisma e il magnetismo della personalità di Ayrton Senna parlano direttamente allo spettatore al punto da avere l'impressione di stare assistendo ad una storia di finzione, ricostruita perfettamente grazie a materiali di qualità e spettacolarità impressionanti. Un prodotto di grande qualità, espressione del cosiddetto “Cinema del reale”, da cui sarà conquistato anche il pubblico non interessato e non amante della Formula Uno: Senna, infatti, non è un documentario sportivo su un grande campione, ma il racconto della vita di un uomo nato per correre e per vincere che a Imola non ha trovato la sua fine, bensì l'inevitabile consacrazione di una leggenda.