Il titolo del film è già di per sé abbastanza significativo: Al Bahs An Manfaz l Khoroug Al Sayed Rambo (Seeking Haven for Mr. Rambo), ovvero In cerca di un posto sicuro per Mr. Rambo.

No, non si tratta di mettere in salvo Sylvester Stallone (che pure ogni tanto fa capolino sui poster di una cameretta, e poi capiremo perché grazie a vecchie registrazioni audio), ma un grazioso meticcio bianco, compagno fedele del trentenne Hassan.

Che è chiamato a fronteggiare le prepotenze del meccanico Karem, anche proprietario della casa dove il ragazzo vive con la madre, deciso come non mai a sfrattarli per allargare la sua officina. 

Dopo che la madre minaccia di fare causa, Karem non perde tempo a fronteggiare Hassan con ostilità. Ma quando alza le mani, ecco che Rambo  lo neutralizza mordendolo dove fa più male... Un affronto insostenibile per l'uomo, che giura vendetta. Ed è così che Hassan inizierà a girovagare per - appunto - cercare "un posto sicuro per Mr. Rambo".

Rambo sul red carpet a Venezia 81 - Foto G. Zucchiatti - La Biennale di Venezia ASAC
Rambo sul red carpet a Venezia 81 - Foto G. Zucchiatti - La Biennale di Venezia ASAC

Rambo sul red carpet a Venezia 81 - Foto G. Zucchiatti - La Biennale di Venezia ASAC

La trama mantiene quello che promette il titolo, nel film di Khaled Mansour - in Orizzonti Extra a Venezia 81 (e penalizzato da una traduzione per i sottotitoli italiani ai limiti dell'incomprensibile) - che racconta di essere partito dall'immagine "un po’ vaga di un giovane uomo che abbraccia il suo cane nel freddo della notte su un marciapiede buio e silenzioso. Riflesso della mia esperienza di costante solitudine, quest’immagine mi ha evocato un profondo senso di appartenenza".

Ed è una proiezione che trova conferma nell'atmosfera acuita dalle periferie de Il Cairo, con Hassam che finirà per rincontrare una sua vecchia fiamma, ora promessa sposa di un altro.

Va da sé che l'aspetto più riuscito del film è da rintracciare nell’anomalia della cifra buddy movie, nel rapporto tra il ragazzo e il suo cane, nei momenti di leggerezza (con Rambo che non sempre esegue alla perfezione gli ordini, ma sa fare il cane morto a comando), in quelle immagini sul sidecar d'epoca con il meticcio messo "in sicurezza" da un caschetto ridicolo: istantanee di un legame verso il quale è impossibile non empatizzare, ma che lo sviluppo del racconto - abbastanza esile, come le varie tipizzazioni dei personaggi - non accompagna con altrettanta armonia. E si procede così, senza infamia e senza lode, verso un finale d’indubbia tristezza e malinconia. Il posto sicuro per Rambo forse è stato trovato, ma la scelta da affrontare è di quelle che determinano un’esistenza.