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Saving Mr. Banks
Non si può dire che alla Walt Disney Pictures non sappiano festeggiare gli anniversari. Il 2014 è infatti l'anno del cinquantenario di Mary Poppins, il film di culto con cui la casa di Topolino vinse 5 Oscar, premio a Julie Andrews compreso. A sottolineare l'importanza del film non bastava un semplice cofanetto o una riedizione: così John Lee Hancock ha realizzato Saving Mr. Banks, opera che racconta proprio la genesi di quel mitico film, concentrandosi sul rapporto tra Pamela Lyndon Travers (una Emma Thompson che poteva meritare la nomination Oscar), l'autrice del romanzo di Mary Poppins, e Walt Disney (Tom Hanks) che per 14 anni lottarono per cedere o no i diritti per trasporre in un film il libro di successo. Un plot da commedia di caratteri diventa, nella sceneggiatura di Kelly Marcel e Sue Smith, un dramma perfettamente disneyano, pieno di commozione, sentimenti e performance da Oscar.
Un “polpettone”, lo si definirebbe, e di fatto Saving Mr. Banks guarda a quell'impasto non raffinatissimo di trame, personaggi, sentimenti, conflitti soprattutto emotivi che ha fatto la storia del cinema popolare americano e che Hancock realizza guardando al cinema degli anni '50 e '60, ai melodrammi che si potrebbero riassumere con la frase d'epoca “Com'è bello, quanto ho pianto”. Certo, lì c'era l'amore impossibile o le dissoluzioni familiari, mentre nel film di Hancock – che comunque è giustamente conciliante e catartico vista la provenienza – c'è un processo creativo che ha implicato vite e psicologie: cosa c'è dietro Mary Poppins, la sua visione di famiglia e società?
Sia chiaro, a Saving Mr. Banks non interessa l'esegesi di un film celebre né dei suoi autori, quanto riportare quell'epopea pre-produttiva alla sua dimensione commovente e cinematografica, fatta di attori, costumi, scene e musiche fatte per far piangere. Magari sono presupposti un po' grevi, ma pienamente riusciti: d'altronde a un polpettone non si chiede di essere un piatto di alta cucina, ma di saper saziare l'appetito.