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Premio del Pubblico alla Festa del Cinema di Roma, e non deve stupire. Il documentario di Alessandro Piva su vita e tragica scomparsa di Santa Scorese, uccisa nel 1994 da uno stalker ante litteram (ovvero prima che il profilo fosse codificato nella legge italiana), è ordinato, pulito, non sottovaluta nemmeno per un secondo il proprio compito né cede alla tentazione di drammatizzare.
Gli eventi, infatti, già nel racconto indiretto di conoscenti, amici e soprattutto familiari suscitano reazioni profonde. Santa Subito non ostenta particolari vezzi registici, ma restituisce meglio di tanti esempi una storia chiara, guidata con decisione da un punto di partenza a un altro di arrivo.
E non si intende solo la storia nella storia, quella raccontata dalle interviste, ma anche la storia che emerge dalla storia, la tesi che sottende al documentario, il perché della pellicola. Il filo conduttore, sin dal titolo d’altronde, è la cristianità, l’amore verso il divino di una ragazza che, sin da bambina, non ha mai smesso di dedicarvisi completamente. E che in ciò, pur nel momento della morte, trova un conforto e un legame profondo.
Un legame che, forse, le varrà la beatificazione. E chissà che un giorno non si parlerà di “Santa Santa”, come puntualizza, con un sorriso, il film stesso. Già oggi, comunque, colpisce il racconto di una donna vittima come tantissime prima e altrettante dopo di lei, l’esempio di una sofferenza demi-universale sempre più, ma ancora non abbastanza, protetta dalla legge.