PHOTO
Emilio D'Alessandro e Stanley Kubrick
In origine fu un libro (Stanley Kubrick e Me di Filippo Ulivieri), oggi è un imperdibile documentario, S is For Stanley. Firmato Alex Infascelli (premiato con il David di Donatello), che qualche anno fa incontrò la moglie di Kubrick per un'intervista e sentì parlare per la prima volta di lui, di Emilio D'Alessandro. "Ho letto la sua storia - racconta Infascelli - e mi ha talmente folgorato da voler essere io ad imprimerla a futura memoria. E' stato un viaggio bellissimo, che mi ha avvicinato alla personalità incredibile di due uomini: uno del quale credevo di sapere tutto e in realtà non sapevo niente, un altro del quale non sapevo nulla e che mi ha lasciato a bocca aperta con la sua storia".
In poco meno di un'ora, Infascelli lascia "carta bianca" a Emilio, tornato da qualche anno nella natia Cassino, per raccontare la sua incredibile storia, iniziata ai primi anni '60. Emigrato in Inghilterra per evitare la leva, sposa Janette un paio d'anni dopo e trova lavoro come autista di taxi per una piccola società. Tempo dopo, era il 1970, Londra era sommersa dalla neve, ma bisognava trasportare un enorme pacco da una parte all'altra della città: era finito sul set di Arancia meccanica e la consegna era quella del grande fallo bianco che poi viene utilizzato nel film. Senza saperlo, fu quella la prima volta che Emilio lavorò per Kubrick. Che di lì a poco lo assunse come autista personale. Ma per i successivi 30 anni Emilio fu molto di più, diventanto il suo assistente più fidato e vicino, al punto che Kubrick fece installare in casa sua una linea telefonica privata dove poteva contattarlo solo lui.
"Ancora oggi, quando squilla il telefono, penso che possa essere lui...", dice un emozionato D'Alessandro dopo aver raccontato nel film i giorni della morte di Kubrick. Il quale, dopo averlo avuto al suo fianco durante la lavorazione di capolavori immortali come Barry Lyndon, Shining e Full Metal Jacket, regala ad Emilio anche la soddisfazione di apparire per un attimo in Eyes Wide Shut (è l'edicolante da cui si ferma Tom Cruise). "Penso che dopo aver visto questo documentario non guarderemo i film di Kubrick nello stesso modo", dice ancora Infascelli. E ha ragione, perché almeno dietro ai quattro ultimi film di Kubrick si nasconde un'amicizia durata trent'anni, capace di unire due persone apparentemente opposte che hanno trovato lontano da casa un compagno di viaggio irripetibile. Che ora rivive attraverso il racconto di aneddoti bellissimi.