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Udite, udite, Ruby non è solo la nipote di Mubarak. Per fortuna, è anche Sparks. Ruby Sparks segna il ritorno al cinema della premiata coppia di Little Miss Sunshine, Jonathan Dayton e Valerie Faris, dopo un digiuno durato 6 anni. Il soggetto l'ha fornito l'attrice protagonista, Zoe Kazan, una tipina - nipote di Eliza - tutta off Broadway e drammaturgia: se vi piace Zooey Deschanel vi innamorerete e, analogamente, se vi era piaciuto (500) giorni insieme ci ricascherete. Vi tornerà in mente Harvey, ma anche il mito di Pigmalione, soprattutto, chi conosce Brian Klugman e Lee Sternthal dovrebbe portarseli in sala: Ruby Sparks, tra le altre cose, è tutto quello che The Words non è riuscito a essere. Giusto, la storia. Precocissimo caso letterario col romanzo d'esordio, l'ancora giovane Calvin Weir-Fields (Paul Dano) ha la pagina bianca e, non bastasse, va pure in bianco: che fare? Si inventa la donna dei sogni e inizia a scriverne, finché Ruby non gli appare in soggiorno: scherzo, follia o che? Ruby dorme nel suo letto, cucina, sorprende, incanta ed è ancora in suo potere: lui scrive, lei agisce di conseguenza, ma quanto può durare? Abbastanza, ma fila che è una meraviglia: nel cast anche Antonio Banderas e Annette Bening, colonna sonora super di Nick Urata (Devothcka), Ruby Sparks è una – letterale - fantastica rom-com, che riflette con gusto indie sull'eterno binomio arte-vita, dando uno scanzonato ceffone all'art pour l'art. Sì, il romanticismo 2.0 è in agguato, ma non dà allo stomaco, l'immaginazione si prende il potere che le compete e l'autobiografia rivendica il proprio spazio: facile vedere nel blocco dello scrittore Calvin la lunga astinenza di Dayton & Faris, ma ne è valsa la pena. Meno “simpatici” di Little Miss Sunshine, ma sono sempre loro: ruvidamente teneri, leggeri ma mai superficiali, estetizzanti quanto basta e inconfessabilmente fiduciosi nel potere salvifico del cinema. Almeno, quando a saltare dalla carta al cuore è un gioiello di nome Ruby.