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L’editor Orhan Sahin (Halit Ergenc) torna a Istanbul dopo 20 anni di assenza. Deve aiutare un famoso regista, Deniz Soysal (Nejat Isler), a terminare il suo romanzo autobiografico, di cui viene a conoscere i personaggi principali: l’amica Neval (Tubu Buyukustun) e l’amante Yusuf (Mehmet Gunsur). Entrambi entreranno nella sua vita, finché una misteriosa scomparsa costringerà tutti a fare i conti con i propri sentimenti ed emozioni.
E’ Rosso Istanbul, l’undicesimo lungometraggio di Ferzan Ozpetek, che torna a girare nella città natale, omaggiata 20 anni fa nell’esordio alla regia Hamam - Il bagno turco. Dal romanzo omonimo (2013), adattato liberamente con Gianni Romoli e Valia Santella, Ozpetek firma un thriller a voltaggio melodrammatico che è insieme elaborazione del lutto creativo e rinascita esistenziale attraverso l’incontro-scontro tra arte e vita, verità e finzione, desiderio e prassi.
Ottimi gli attori, in particolare Halit Ergenc e Tubu Buyukustun, eleganti e suggestive sia la fotografia (il viaggio in Mustang notturno, l'uscita aerea dalla festa, l'incontro tra Orhan e Yusuf) di Gian Filippo Corticelli che le musiche di Giuliano Taviani e Carmelo Travia, il ritorno in patria, ovvero la trasferta dall’Italia, fa bene ad Ozpetek che trova aura e gusto internazionale, alza le ambizioni e pur tra secche, ellissi e contraddizioni di scrittura sa emoziona e ancor più affascinare.
Accompagnato dal refrain, che è insieme indicazione poetico-stilistica, “chi guarda troppo al passato rischia di non vedere il presente”, Rosso Istanbul non prende dalla cronaca giornalistica della Turchia oggi, ma contemplando sirene, sfollati curdi e le madri del sabato di piazza Galatasaray non elude né elide lo stato dell’arte, anzi, ne amplifica la tensione e il senso di minaccia costante.
Insomma, un thriller-mélo con gli occhi aperti, e il cuore sacro, che mantiene quel che promette: A Istanbul… un maggio rosso sexy.
PS: il doppiaggio è nefasto, purtroppo.