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Serena De Ferrari e Pilar Fogliati in Romeo è Giulietta
C’era una volta Tootsie, storia di un attore disoccupato, ma talentuoso, costretto ad adottare l’identità di una donna per ottenere la parte in una soap opera. Era il 1982 e quella commedia americana interpretata da Dustin Hoffaman è ancora oggi nel cuore di tutti. Ma di alia et simili ce ne sono tantissimi: dall’attore-governante Mrs. Doubtfire (1993) al soprano senza lavoro Victor Victoria (1982), la lista potrebbe essere molto lunga. Ora arriva l’italiano Romeo è Giulietta: e lo scambio di identità è già nel titolo accentato.
Diretto da Giovanni Veronesi, affiancato nella scrittura da Nicola Baldoni e da Pilar Fogliati, con la quale aveva già collaborato recentemente (come coautore del soggetto e della sceneggiatura) al suo primo film da regista ovvero Romantiche (2023), il film è la classica commedia degli equivoci che riflette sul tema dell’identità, in generale, e non solo e semplicemente di genere. Si apre il sipario. Cominciano i provini e il grande regista teatrale Federico Landi Porrini (il sempre bravo Sergio Castellitto) in crisi di idee con l’intenzione di allestire l'ennesima versione del “Romeo e Giulietta" di Shakespeare al Festival di Spoleto, ne ha davvero per tutti.
Attrici poco dotate, cubisti stile Ibiza, potenziali tabaccaie e via dicendo, nessuna per lui è in grado di interpretare Giulietta, né tantomeno Romeo. L’unica potrebbe essere Vittoria (Pilar Fogliati), ma la ragazza ha un passato torbido (aveva rubato un testo a una comica cilena e lo aveva portato in scena spacciandolo per suo) e lui decide di non prenderla. La giovane candidata è però disposta a tutto e si presenta sotto una falsa identità, quella di Otto Novembre, pur di prendere il ruolo nello spettacolo, ovviamente questa volta quello di Romeo.
Diciamolo subito: Pilar Fogliati fa il grosso. L’attrice (classe 1992), che già aveva ampiamente dimostrato il suo talento nel calarsi in ben quattro personaggi differenti, tra parioline e fuorisede, nel suo Romantiche, qui fa di più. Lontana dalle rappresentazioni iperboliche del suo primo film, questa volta fa il contrario: non enfatizza, non eccede, non amplifica. Viceversa sottrae, toglie, rende al minimo i movimenti di Otto Novembre, che quasi scompare dentro il suo grande abito scuro. Un po’ angelo, un po’ efebo (sicuramente non il classico maschio alfa), sfuggente e impacciato con un naso pronunciato realizzato dalla truccatrice (Geppi Cucciari), eppure così delicato da fare innamorare tutti. Accanto a lei/lui tanti altri interpreti, bravi nel supportare l’impalcatura generale.
A cominciare dai già citati Geppi Cucciari, sempre ironica e in grande forma, e Sergio Castellitto, strepitoso nel riportare un uomo pieno di sé e nello scimmiottare alcuni grandi registi del passato (“con o senza sciarpa” come lui stesso ha dichiarato in conferenza stampa, a buon intenditor poche parole…). Per proseguire con Margherita Buy e Domenico Diele (rispettivamente la nonna e il fidanzato di Vittoria), Alessandro Haber (il produttore dello spettacolo che pensa solo al budget), Maurizio Lombardi, ovvero il compagno di Federico Landi Porrini, e Serena De Ferrari, la neo Giulietta, nonché star dei social.
Tutti contribuiscono a rendere piacevole questa commedia che è anche una riflessione sul caso, un po’ alla Woody Allen, facendo passare in cavalleria piccoli difetti. Uno su tutti: senza dubbio le scene girate all’interno del teatro, funzionano meglio di quelle esterne. Fatto sta che questa versione più romantica di Giovanni Veronesi (non a caso il film esce a San Valentino), influenzata dalla “romantica” Pilar Fogliati, alla fine convince. Veronesi è Fogliati? O viceversa? Poco importa: lo scambio è fruttoso.