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RoboCop
2018, la Omnicorp è leader mondiale nel campo della tecnologia robotica: per conto Usa, i suoi droni comandano e controllano ovunque, da Teheran alle altre zone calde. Eppure, il loro utilizzo è vietato sul suolo Usa: che fare? L'anchorman Samuel L. Jackson non sa farsene una ragione, mentre l'ad della Omnicorp Michael Keaton si lambicca il cervello, e accende la lampadina: affidare al suo medico Gary Oldman il compito di “resuscitare” un poliziotto più che disabile, ovvero Joel Kinnaman, ridotto a tronchetto umano (testa, polmoni, mano destra) da un attentato. In principio fu il cult anno di grazia 1987 di Paul Verhoeven (due i sequel, nel '90 e '93), ora il reboot affidato da MGM e Columbia a José Padilha: non l'avessero mai fatto, perché la nostalgia è canaglia, anzi, ferraglia. Attori impalpabili (Kinnaman) o disinteressati (tutti gli altri, compresa l'irriconoscibile Abbie Cornish, nei panni della mogliettina mezza vedova), sceneggiatura stracca, pathos arrugginito, esternalità geopolitiche e filosofiche d'appendice – se volete, d'appendicite – e un retrogusto metallico che si spiega agevolmente: non l'esoscheletro di RoboCop, ma i dollari sonanti che il reboot vorrebbe. Scommettiamo che… non saranno così tanti?