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(credits Maria Marin)
L’impianto resta derivativo, da Non ci resta che il crimine che “citava” l’avventura nel passato di Roberto Benigni e Massimo Troisi a questo Ritorno al crimine che dichiara l’omaggio al cult di Robert Zemeckis. C’è di mezzo un altro viaggio nel tempo ma c’entra anche il futuro – cioè il presente – che però appare ormai già passato per una distribuzione inevitabilmente posticipata dalla pandemia.
Doveva uscire al cinema a marzo 2020, arriva dal 12 luglio su Sky Cinema e in streaming su NOW, quasi un anno e mezzo dopo e ci sembra suo malgrado una commedia del mondo di prima. E si appresta a offrirci una terza puntata, Finché c’è crimine c’è speranza, ennesimo rimando a un nostro classico che promette di portare i personaggi in un passato ancora più lontano.
Più del primo capitolo rispetto al quale appare meno raffazzonato, Ritorno al crimine si conferma un po’ la sintesi di quella commedia romanocentrica rinnovata quindici anni da Fausto Brizzi e portata avanti dal prolifico Massimiliano Bruno (sette film in un decennio). La tarda parodia del Romanzo criminale che fu culto nazionale qualche lustro fa si incrocia ancora una volta con l’ennesima rivisitazione-celebrazione degli anni Ottanta, stavolta tuttavia senza il solito eccessivo ricorso a canzoni e memorabilia d’epoca.
La trama è un pretesto e si riallaccia al finale di Non ci resta…: ai giorni nostri, i protagonisti devono inseguire Sabrina, la pupa del boss Renatino, che si è impossessata del tesoro custodito a Sant’Apollinare. Anche Renatino, che ha attraversato il portale e dal 1982 è arrivato al 2018, è sulle sue tracce. Si ritrovano a Montecarlo e s’imbattono in un mercante d’arte che si chiama Massimo Ranieri e ha il volto di Carlo Buccirosso.
(credits Maria Marin)Sospeso tra la Napoli del 1982 e quella contemporanea, con feroci camorristi ancien règime e quelli nuovi appassionati neomelodici, mentre Renatino viene spacciato per eccentrico pittore in una festa piena di vip (da Bruno Conti e Antonio Cabrini campioni del Mondiale ’82 ad Achille Lauro), la commedia procede per accumulo di cliché e facce, come in un cinepanettone deluxe che la butta in caciara quando non sa bene dove andare.
Tant’è che, in fin dei conti, il cast principale è sottotono (Marco Giallini in love con una cameriera, Alessandro Gassmann inatteso mandrillo, Gian Marco Tognazzi in preda alla coca) e a funzionare sono proprio i comprimari, in testa il solito fuoriclasse Buccirosso ben accordato a Edoardo Leo e poi Loretta Goggi in carrozzella, la signora dei salotti Corinne Clery, Gianfranco Gallo, Nicola Pistoia, tutti sopra le righe come nello stile di Bruno.