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Spesso il cinema ambientato in Corea del Sud è un “eterno ritorno”. Si lavora sulla memoria, sul tempo perduto, sulla violenza della Storia, sull’impossibilità di comunicare. I registi più famosi di Seoul e dintorni rielaborano il presente, si specchiano nel passato, spezzano ogni canone connesso ai legami famigliari.
È interessante lo sguardo che hanno gli autori stranieri sulla Corea. Un esempio è Hirokazu Kore’eda con il suo ultimo film Le buone stelle – Broker e, in questo caso, Ritorno a Seoul di Davy Chou. Cineasta di origini cambogiane, coglie già dal titolo un elemento chiave della poetica legata a quel Paese: il ritorno. Si interroga su come riavvolgere il nastro, su come riscoprire le proprie origini. Quello di Chou è un processo identificativo.A che punto è arrivata la Corea oggi? Che cosa significa essere coreani? Prova a rispondere con una storia all’apparenza semplice.
Freddie ha venticinque anni, vive a Parigi. Non conosce i genitori biologici, il suo obiettivo è avere un contatto con loro. Vola in Corea del Sud, incontra un padre innamorato della bottiglia e non riesce a rintracciare la madre. La Corea viene descritta come un luogo multiforme, sfaccettato. Da una parte è ancorato alle tradizioni, incapace di aprirsi al mondo. Dall’altra punta alla trasgressione, alle improvvise esplosioni underground. Il conflitto interiore della protagonista è la stessa che spezza uno Stato sofferente, da sempre martoriato da una divisione bellicosa.
Ritorno a Seoul è un ritratto malinconico, la fotografia di una desolazione che non può essere sanata. La lotta è fra tradizione e modernità. Freddie vorrebbe scappare, ripartire. Ma è come se non riuscisse mai ad andarsene. La vicenda si dipana in tre momenti diversi, con una narrazione ellittica.
La maturazione di Lee porta a una maggiore consapevolezza, anche cinematografica. Misura le parole, i dialoghi si fanno più asciutti, sempre sostenuti da una regia rigorosa. Solo in una sequenza di ballo la macchina da presa si muove più libera, i toni diventano onirici. È come se ci fosse il parziale raggiungimento di una catarsi. Ritorno a Seoul è un film prezioso, trattenuto, pronto a esplodere con uno sguardo. Presentato in Un Certain Regard all’edizione del 2022 del Festival di Cannes.