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È una classica storia di ritorno quella che mette in scena l'opera prima della regista francese Jessica Palud.
Dopo anni di assenza e silenzi, Thomas (Niels Schneider) torna dal Canada al suo paese d'origine perché la madre è gravemente malata. Qui trova una situazione ostile. Il padre non gli rivolge la parola, ma soprattutto, la famiglia è segnata da una tragedia avvenuta durante la sua assenza: il fratello è morto in circostanze oscure.
Il film copre i 5 giorni e mezzo di permanenza di Thomas, tra la fattoria di famiglia e il capezzale della madre in ospedale. Se ogni tentativo di stabilire un contatto umano con il padre è inutile, si apre una possibilità di affetto nel rapporto con il piccolo Alex e con Mona (Adèle Exarchopoulos), rispettivamente figlio e moglie del fratello scomparso.
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Palud si affida soprattutto ai silenzi, che vogliono esprimere, più delle parole, tanto il senso di incomunicabilità di Thomas con il padre, quanto l'affetto nascente con nuora e nipote, fino a quel momento per lui perfetti sconosciuti. La pesante depressione economica che attanaglia la zona rurale e i lavori tradizionali legati all'allevamento, pesa su questi stessi silenzi e al tempo stesso li esalta quando sono il segno di un'umanità, come nel rapporto tra il protagonista e il nipote.
Questo è il punto di forza quanto il limite del film: facendo parlare soprattutto i primi piani dei bravissimi interpreti, si finisce per avvertire una forma di lieve idolatria della regista per i propri attori. Detto questo, un'opera prima che merita senz'altro una seconda e altre a seguire.