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Real Steel mantiene ciò che non promette: un bel controsenso. Il film Dreamworks – da noi distribuito dalla Disney, a conferma di come siano saltate antiche gelosie e competizioni – sembrava un action tutto lamiere ed effetti speciali, sorta di Transformers in modalità ridotta. Non lo era.
Certo i robot ci sono, se le danno di santa ragione, il futuro è prossimo e l'America ha sostituito guantoni e sudore della boxe con ferraglia telecomandata a distanza. Ma dentro il grande show di cavi e muscoli d'acciaio batte un cuore umano affamato di vita e riscatto. Quello di un pugile sul viale del tramonto che ha la possibilità di riprendersi una rivincita sul e fuori dal ring, ritrovando la fiducia in se stesso e l'amore del figlio che anni prima non aveva voluto.
Paternità, elogio degli sconfitti e seconde occasioni:Real Steel (dal racconto di Richard Matheson) è classica pastorale americana, ricca di risonanze umane, annotazioni sociologiche, edificazione democratica. Diretto con mestiere da Shawn Levy – ma si sente la mano di Spielberg, produttore esecutivo – conquista per l'ottima prova dei suoi protagonisti: Hugh Jackman ed Evangeline Lilly sono maledettamente intensi, ma la parte del leone è del piccolo Dakota Goyo. Ne sentiremo ancora parlare.