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Real
È l’opera seconda di Adele Tulli, Real, che dopo il bell’esordio di Normal, sorprendente atlante italiano su stereotipi e convenzioni di genere nell’Italia contemporanea, torna a costeggiare i confini tra noto e ignoto, visibile e vedibile, mondo reale e orizzonte digitale. Anche il genere a cui dovrebbe ascriversi, il documentario, sembra stare stretto a questo laboratorio delle immagini che interroga i limiti e le possibilità dello sguardo, squaderna lo spazio fisico in quello virtuale, spinge il desiderio verso territori se non inediti perlomeno interessanti.
Più che documentario, infatti, Real testimonia un’idea di cinema del reale – e sul reale, dentro il reale, attraverso il reale – che però il reale lo trascende. Un viaggio, si direbbe, se il termine non fosse fin troppo abusato, in cui i corpi si dissolvono e si disincarnano non tanto per farsi altri da sé, quanto per riformularsi e riplasmarmi in un processo di metamorfosi che è alla base della società contemporanea. Dove la fluidità tra attore e mezzo, agente e strumento è così intensa da ribaltarsi continuamente in un gioco financo perturbante: tutto ciò che afferisce alla sfera tattile o relazionale passa in secondo piano rispetto al contatto virtuale – una contraddizione in termini – e al dominio della connessione.
In questo complesso discorso che trova nella creatività per via tecnologica un modo per esprimere una visione filosofica, Tulli scandaglia lo stato dell’umanità nell’era digitale, mettendo al centro figure umane e virtuali impegnate in esperienze che un tempo avremmo definito futuribili: mansioni digitali, cybersessualità, abitare in luoghi non fisici, relazioni automatizzate.
E lo fa in una maniera che non è meramente teorica ma con una precisa ricaduta su quel che accade nel quotidiano: il concetto dell’abitare che supera la domotica quasi sostituendosi alla funzione attiva dell’abitante, il dovere dell’autorappresentazione che sfocia nell’alienazione, la “svalutazione” della salute mentale a contenuto virale, le frontiere del sex working, l’impatto delle intelligenze artificiali nel nostro vivere naturale. Tutto è racchiuso in una frase che è manifesto: “Viviamo nella migliore epoca di sempre, ma siamo anche una delle generazioni più stressate di sempre”.
Il che non rende Real qualcosa di davvero inedito sul piano della meditazione (i “temi” attraversano la storia del pensiero, qui la faccenda è prettamente formale nella misura in cui è anche contenutistica) quanto piuttosto un trip affascinante da prendere o lasciare. Presentato al 77° Festival di Locarno nella sezioni Cineasti del presente, dedicata a opere prime e seconde.