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Il topolino Remy
in Ratatouille
Quando il gatto non c'è i topi, si sa, ballano. Che cucinassero, però, questo non era sospettabile. Ma il cinema ci ha sempre abituati all'eclettismo di queste simpatiche bestiole: dall'ingegnoso Jerry, nemesi del gatto Tom, all'antropomorfo Mickey Mouse, passando per i tuttofare di Cenerentola. Ora siamo arrivati all'elegia del ratto: alla lotta di classe di Giù per il tubo e alle avventure nei sobborghi proletari di Ratropolis dell'aristocratico topo da camera Roddy targato DreamWorks, la Disney/Pixar (ultimo film in tandem, le due major si fonderanno) risponde con lo chef Remy, il cui il viaggio è inverso, dai bassifondi alla gloria. E' lui il protagonista di Ratatouille, titolo che nasce da un gustoso gioco di parole che unisce la parola ratto a quella di un famossissimo piatto nizzardo a base di verdure. Remy è un diverso, non è un "vero ratto": non ama rubare né rovistare nella spazzatura, è un buongustaio, ama l'igiene e sa cucinare grazie ai libri di Auguste Gusteau (altro gioco di parole: un anagramma a specchio), la cui massima è "chiunque può cucinare". Un topo solo al comando contro tutti i pregiudizi, dei familiari e dei "colleghi", condannato a nascondere il suo talento dietro un corpo non suo. Il regista Brad Bird, Oscar per Gli incredibili, coadiuvato nell'ombra da quel geniaccio del suo boss, John Lasseter, si sbizzarrisce: ogni dettaglio è curato con divertita precisione, dalla colonna sonora alla fotografia di una Parigi "ad altezza di topo". Citazioni colte e dialoghi irresistibili cuociono a puntino lo spettatore per cui sarà impossibile non ridere dell'imbranato Linguini o non innamorarsi della femminista Colette. E farà riflettere il monologo finale di redenzione dell'implacabile critico culinario Anton Ego (in originale Peter O'Toole), che vive e lavora in un ufficio a forma di bara: "c'è più dignità in un'opera d'arte mediocre che in una mia stroncatura, che pur è divertente da scrivere per me e da leggere per voi". Meditate, colleghi, meditate. E come lui non abbiam paura di cercare il meglio, magari proprio in una topaia.