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Querido trópico
È sempre interessante osservare un esordio che lavora dentro schemi consolidati, perfino al limite delle convenzioni. È un’occasione per scorgere davvero la personalità, l’intelligenza, la curiosità di un autore o un’autrice, di intravedere i segni di uno sguardo in costruzione.
È quel che fa Ana Endara, regista panamense che per la sua opera prima intreccia il buddy al femminile (l’amicizia tra due personaggi molto diversi tra loro), il percorso dell’enemies to lovers (la scoperta di un rapporto che in principio non è apparentemente prevedibile), il film sulla malattia (in questo caso la demenza, sempre più gravosa). E, come dichiarato dal bellissimo titolo, Querido Trópico (Beloved Tropico nella versione internazionale, in Concorso alla XIX Festa del Cinema di Roma), lo fa in un contesto che di solito fa da teatro a narrazioni più cupe e aspre, tendenti al noir più che al dramma intimo.
Cioè Panama City, che però vediamo soprattutto in interni: quelli modesti, se non degradati, dove (soprav)vive Ana María, un’immigrata colombiana incinta con problemi economici e di status; e quelli più che agiati di Mercedes, un’anziana self-made woman che ha tirato su la famiglia praticamente da sola, che abita in una villa dominata da un giardino pressoché sconfinato. Gli esterni sono pochi, qualche strada e il parco pubblico, e rivelano altresì il distacco tra gli expat d’alto bordo – in particolare donne latinoamericane che hanno seguito i mariti in avventure imprenditoriali – e i migranti senza tutele ai margini della società.
I destini delle due donne si incontrano quando la figlia di Mercedes contatta Ana María per affidarle la cura della madre, descritta come una signora piuttosto complicata (leggi: dispettosa, lunatica, superba) che però sta accusando i premi segni di demenza. Va da sé che all’inizio le cose vanno male – e, in una certa ottica, la relazione tra le due mette in luce il cinismo della capitalista e la remissività della lavoratrice – finché l’una riconosce nell’altra uno spaesamento affine che le avvicina sempre di più.
È un debutto insolito, Querido Trópico, crepuscolare senza compiacimenti, che non alza mai la voce e mette da parte i sensazionalismi (e le trappole sono ovunque, specialmente nella seconda parte), non rinuncia a una malinconica ironia e addomestica la retorica del pietismo. Il merito è, forse, anche nella valorizzazione ambientale di una location davvero affascinante, con quel “giardino segreto” in cui le protagoniste sembrano le uniche a poter accedere cogliendone il mistero tropicale. Ottima il passo a due tra Jenny Navarrete e la sempre maestosa Paulina García.