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©2021 Match Factory Productions Proton Cinema
Se Pieces of a Woman si apriva su un lungo, asfissiante, perturbante piano sequenza che raccontava il miracolo quotidiano della nascita repentinamente trasformato in una tragedia indicibile, Quel giorno tu sarai si rivela con un’altra ripresa senza soluzione di continuità ma che inverte la parabola: dalla tragedia al miracolo.
È una sequenza di quasi venti minuti, che fino ai quindici rinuncia alle parole adottando un tessuto sonoro composto solo dai rumori degli spazzoloni. Siamo in un campo di concentramento nazista, alcuni uomini stanno pulendo muri e pavimenti: è una danza claustrofobica, acuita dalla profondità di campo esaltata dal formato in 4:3.
All’improvviso, dal fondo di un tombino, una voce: un uomo toglie la grata e spunta una bambina piccolissima, nuda, che urla come urlano gli infanti che hanno bisogno di comunicare con il mondo. È una nuova venuta al mondo, una rinascita, il grido della sopravvivenza: protetta dall’abbraccio dell’uomo, la bambina viene portata in salvo e sembra avere una tale fame di vita da non patire il freddo né la paura delle bombe piovute dal cielo.
È una sequenza straordinaria, ispirata a fatti realmente accaduti, suggellata da una potentissima immagine che è segno di speranza e resistenza che è anche l’impronta del cinema di Kornél Mundruczó, autore spudorato che legge il naturalismo alla luce dell’elemento surreale. E che si edifica sulla collaborazione con Kata Wéber, compagna di vita e lavoro il cui vissuto familiare costituisce la materia viva e pulsante del film.
Quel giorno tu sarai – il titolo originale spiega molto: Evolution – è una riflessione dell’identità ebraica, sulla persistenza del trauma attraverso le generazioni, che interroga la memoria come eredità e ostacolo. Tenendo sempre presenta quella bambina che spunta dal vuoto per riempirlo di senso, Mundruczó e Wéber costruiscono una macchina tripartita, concentrandosi nel secondo blocco sul confronto tra un’anziana reduce all’Olocausto e la figlia.
©2021 Match Factory Productions Proton CinemaSi tratta di un’altra lunghissima sequenza – 36 minuti con una coda finale che rivendica la prospettiva allegorica del regista – che tematizza in senso narrativo la decisione del governo ungherese di bloccare le restituzioni e le indennità di compensazione ai sopravvissuti. Il conflitto si sviluppa sul privato, la tensione esplode sul doppio piano della memoria che sta svanendo (l’anziana) e della memoria della quale liberarsi per potere essere ebrei a proprio modo (la figlia).
“Non voglio approfittare di una tragedia” dice la figlia affermando di non voler combattere contro i cavilli burocratici del governo. Ma la sua è una dichiarazione d’intenti generale: alla sua generazione spetta il compito di voltare pagine mai dimenticando la lezione trasmessa, continuare a raccontare ciò che è stato ma anche provare a liberarsi di un trauma collettivo e personale che fa parte di un patrimonio da tutelare senza restarne ingabbiati.
Il terzo episodio è berlinese e si focalizza sull’antisemitismo che gli adolescenti hanno ereditato senza averne contezza né consapevolezza. Sembra il piccolo coming of age del protagonista, alla ricerca di un posto nel mondo che non sia influenzato dal peso del passato, quello che appartiene alla sua storia e quello che subisce.
Operazione molto pensata, complessa e a tratti ostica, Quel giorno tu sarai rappresenta un’opzione alternativa e insolita per la ricorrenza del Giorno della Memoria: alla ricostruzione storica della tragedia gli autori preferiscono convogliare la meditazione attorno alle ricadute sulla contemporaneità. Girato in tredici giorni, è un film di ricerca, un laboratorio dove si toccano e si mischiano realismo e fiaba, Kammerspiel e allegoria, dramma sociale e virtuosismo registico.