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Gérard Depardieu in
Quand j'etais chanteur
Lui ama lei che forse lo corrisponde ma si lascia corteggiare da un altro. Lui è Gérard Depardieu, cantante di matrimoni e disco-bar, lei è Cécile De France, agente immobiliare con figlio a carico. Entrambi hanno vissuto, troppo si direbbe dalla malinconia che li attanaglia. La ragazza non riesce ad essere una buona madre, piange per non riuscire a farsi amare dal bambino; il maturo e navigato crooner dispensa sorrisi e grazie alle signore senza riuscire a voler bene a nessuna. Che si incontrino è scritto nel destino, come vada a finire lo lasciamo immaginare. Film costruito sulla performance di Depardieu, Quand j'ètais chanteur di Xavier Giannoli approda in concorso mettendo una seria ipoteca sulla Palma d'Oro per l'interpretazione maschile. Se ci riuscirà lo sapremo domenica sera, dopo che la giuria avrà completato le strane alchimie che sempre stanno alla base dei verdetti, ma difficile che sia ignorato. Depardieu ci dà sotto di canto e mezzi toni e costruisce un personaggio doloroso che molto ricorda il Servillo di L'uomo in più, seppur spogliato del cinismo e della cattiveria. Tipico film francese di sentimenti, Quand j'ètais chanteur avrà modo di sbancare il patrio botteghino come conviene ai film struggenti che parlano al cuore. Di tutt'altra statura Juventude em marcha di Pedro Costa. Habitué dei festival, il regista portoghese è di quelli da prendere o lasciare. Richiede infatti un tale sforzo di concentrazione da parte dello spettatore che alle proiezioni dei suoi film spesso in molti si alzano. E' successo anche all'anteprime per la stampa, ed è un peccato, perché superato lo choc da inquadratura fissa e assenza di dialoghi, il film ipnotizza e coinvolge. Certo, due ore e quaranta non sono poche, ma Costa gira come se dipingesse, ogni fotogramma è un capolavoro di luci, colori, ombre, equilibri interni che anche la trama passa in secondo piano. Del resto non ci sarebbe molto da riassumere, visto che della vicenda di Ventura, anziano ex operaio emigrato dalle isole di Capoverde a Lisbona, cio che più conta è lo spessore del rimpianto per la terra lontana che nessuna casa popolare, ottenuta dopo anni di duro lavoro, potrà mai lenire. Il passato è perduto per sempre e con esso la speranza per un avvenire migliore. Juventude em marcha, in linea che tutti le opere del concorso, conferma che ad ogni latitudine c'è chi ingaggia una lotta personale per sopravvivere al dolore e sopportare il peso della solitudine.