Cinque anni dopo Les héros ne meurent jamais (Heroes Don't Die), opera d'esordio presentata come proiezione speciale alla Semaine de la Critique di Cannes, Aude Léa Rapin apre fuori concorso la 39. SIC - Settimana Internazionale della Critica a Venezia 81 con Planet B (Planète B), thriller sci-fi distopico ambientato nella Francia del 2039.

Classe 1984, una carriera iniziata da giovanissima come fotografa e videomaker nei Balcani e in Africa, la regista francese in passato ha realizzato tre documentari sul conflitto nei Balcani e quegli orrori sembrano accompagnarla ancora oggi, in questo secondo lungometraggio di finzione abitato da due piani di realtà paralleli. Inizialmente seguiamo le gesta di un gruppo di attivisti tra le strade notturne di Grenoble: li chiamano terroristi, una di loro è Julia Bombarth (Adèle Exarchopoulos), che viene colpita ad un occhio. Si risveglia, senza alcuna ferita, ma con una B incisa sulla tempia, in riva al mare: capirà a breve di trovarsi in un mondo del tutto sconosciuto e regolato da parametri apparentemente incomprensibili, una prigione "virtuale" dalla quale è impossibile fuggire, il Pianeta B…

Planet B
Planet B

Planet B

Suggestivo nelle premesse, coraggioso nel voler ipotizzare un futuro dove intelligenza artificiale e realtà aumentata potrebbero diventare strumenti di tortura nelle mani di un potere autoritario e senza scrupoli, il film di Aude Léa Rapin ragiona anche sul "futuro" che potrebbe spettare a immigrati o rifugiati politici, costretti a farsi impiantare un QR-Code nella retina che definisce la loro "scadenza": è il caso di Nour (Souheila Yacoub), un tempo giornalista irachena ora disposta a tutto per fuggire dalla Francia al Canada, che poco a poco capiremo diventerà la vera protagonista del film. Perché l'unica capace di scoprire l'esistenza del Pianeta B.

Planet B
Planet B

Planet B

Non tutto funziona alla perfezione in questa sci-fi distopica declinata al femminile, alcune svolte narrative paiono tanto inverosimili quanto sbrigative, come alcuni passaggi possono risultare un po' macchinosi e confusi, ma resta viva la tensione di un linguaggio (le musiche originali sono di Bertrand Bonello, regista che proprio un anno fa alla Mostra portava il notevole, e sottovalutato, La bête) che sembra voler mischiare le paranoie carpenteriane anni '80 (1977: Fuga da New York) con la muscolarità del cinema di genere francese contemporaneo. Cosa che ovviamente non può che non piacerci.