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Ci sono film brutti e film sbagliati. E poi ci sono film che sono entrambe le cose. Come Pixels, che fanno sembrare il cinema di Uwe Boll un’arte ragionata e le imprese di Dwayne "The Rock" Johnson gesta nobili e alte.
E dire che l'idea di partenza non era male, sia pure riciclata da un cortometraggio di qualche anno fa: immaginare che gli Arcade anni '80, l'alba dei videogiochi, e il brodo di cultura che li ha nutriti (Reagan, Madonna e Fantasilandia ad esempio), siano stati i semi dell'autodistruzione occidentale. Ipotesi tutt'altro che peregrina. Ma non così per Sony & Co. che preferiscono incanalare uno spunto promettente nei binari del solito action-barra-commedia, senza mai deragliare da una mortifera banalità.
Il che ci porta a una doppia ulteriore considerazione: 1) Chris Columbus si conferma il più grande cuoco di polpettoni insipidi della storia del cinema; 2) la china presa da Adam Sandler - qui anche produttore e sceneggiatore - ha una pendenza del 100%. Fermatelo.
Il cast di contorno di per sé non sarebbe male - Kevin James è un ottusissimo Presidente degli Stati Uniti; Peter Dinklage un ex smanettone di videogiochi finito al gabbio; Josh Gad un nerd cospirazionista che vive ancora con la nonna; Michelle Monaghan una mamma scienziata single e isterica di cui Super Sandler finirà ovviamente per innamorarsi – ma sembra finito nel film come i vari Donkey Kong, Galaga, Centipede, Space Invaders e Pac Man: un po' per caso e senza lasciare il segno.
Il cameo di Mr. Toru Iwatani, inventore di Pac Man, nella sala giochi dell'incipit, fa molta scena, mentre gli scontri modello Indipendence Day e gli incontri molto ravvicinati del terzo tipo fanno invece solo muffa.
A suo modo un'allegoria di quel che l'action hollywoodiano è ormai diventato: nostalgico, videoludico, totalmente incapace di prendersi sul serio. A quando il pensionamento?