Pezzi di Luca Ferrari è la meglio cosa vista finora al festival di Roma (Prospettive Italia). Producono il regista, Relief e Samuele Pellecchia, distribuisce Vivo Film, siamo al Laurentino 38, quartiere periferico di Roma: il “pezzo”, ovvero la dose di cocaina, è l'unità di misura del tutto, “ossessivamente presente, sempre, in tasca, nella mente e nel sangue”. Ferrari a queste vite spezzate, corrose da criminalità e droga aveva già dedicato un reportage fotografico, ora è tornato con il cinema, per raccogliere testimonianze, aneddoti e confessioni.
Fulcro e guida è Massimo, detto er Pantera, che - dice il regista - “gestisce un bar che tutti chiamano 'bisca', chi va lì è in cerca di sballo, compagnia e affetto, si parla di carcere, famiglie distrutte, racconti veri e leggende immaginate". Attorno a lui, che nato in una baracca alla Montagnola ha iniziato a rubare a 5 anni e pippa da fine anni '80 (un intenditore: la squamata, la pisciadegatto, etc.), ci sono la sua compagna Bianca, che 30 anni prima fu abbandonata dal padre; Stefano, 30 anni, 12 in carcere e una madre malata di cancro; Giuliana, che ogni giorno va sulla tomba del figlio, spacciatore morto in un incidente stradale.
Nelle narici L'odore della notte, in vena l'Amore tossico, ma qui non c'è lo straccio di un copione, solo la documentazione attenta, empatica - senza essere simpatetica - di un regista che scompare per lasciare spazio ai suoi uomini e donne non illustri: potere alla parola, nessuna elegia dello sballo, nessun apologo morale. Senza filtri, quello che accade, nulla più, nulla meno.
Straordinario il finale: Bianca non vuole farsi più riprendere, Massimo s'incazza e la strattona, ma che vuol dire? Crediamo, che nemmeno il cinema è antidoto alla violenza e al dolore endemici al Laurentino e tante altre periferie degradate d'Italia. Luca Ferrari ha avuto il coraggio di ammetterlo. E che tutto succeda a pochi kilometri dall'Auditorium di Renzo Piano, beh, è un'altra botta…