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Non è la prima volta che un coniglio parlante ruba la scena agli umani. Chi ha incastrato Roger Rabbit, con lo zampino della Amblin di Steven Spielberg, è stato lo spartiacque di un genere. Ma senza andare troppo lontano, La gang del bosco aveva dipinto una divertente satira del nostro mondo, un attacco al consumismo e all’ingordigia, con una storia simile alle peripezie di Peter Rabbit.
Lui vive in mezzo alla natura, in un paesino di campagna per ricchi inglesi. Si veste con una giacchetta blu, è arrogante, senza freni e passa il suo tempo rischiando la morte nell’orto del vicino: l’allampanato e violento McGregor. Peter non teme il pericolo, vuole rubare frutta e verdura per organizzare succulenti banchetti, così ogni mattina sfida il vecchio e il suo rastrello. Ma McGregor ha i giorni contati: muore per un infarto, e gli animali festeggiano con un party degno di un re, diventando i padroni di casa.
La natura vince contro l’uomo e si riprende ciò che era suo, fino a quando il folle nipote eredita il “maniero”. Lavorava agli Harrods, ha la mania del controllo, è un po’ suonato, e si è fatto cacciare per aver distrutto il reparto giocattoli dopo aver perso una promozione. Pensa di essere un uomo in carriera, senza paura, ma Peter e compagni, senza contare la bella dirimpettaia, lo aspettano al varco.
Il film è tratto dal classico per bambini The Tale Of Peter Rabbit, di Beatrix Potter. Era una vicenda molto semplice, in cui alla fine il protagonista andava a letto senza cena. Il formato del libro era a “portata di manina”, molto piccolo, e il suo punto di forza erano i disegni, gli acquerelli. Il regista Will Gluck stravolge il lavoro della Potter, e costruisce un’opera modaiola, con una colonna sonora pop e Peter che si atteggia a monellaccio di quartiere.
Le sue scorribande non hanno niente a che vedere con l’originale. Sono a ritmo di musica (con un’infarinatura anche rap), al limite del demenziale, e lui sembra un bullo dal cuore buono. Gluck vorrebbe aggiornare l’idea di Beatrix Potter, renderla contemporanea con l’ecologia, con le inclinazioni vegane, il difficile rapporto tra la crescita interiore e l’ambizione. Ma i buoni propositi si perdono nei pirotecnici effetti speciali. Vanghe, steccati, candelotti di dinamite: ogni oggetto può diventare un’arma in una guerra senza esclusione di colpi.
Peter Rabbit nasce sull’onda di Paddington, l’orsacchiotto in salsa british innamorato della marmellata. Ma non ha la stessa prontezza di spirito, la cura per i colori e la simpatia dei personaggi. Forse Beatrix Potter aveva ragione quando nel 1936 si rifiutò di cedere i diritti di quest’avventura a Walt Disney, che voleva portarla sul grande schermo. Chissà cosa direbbe oggi davanti a questi “roditori” antropomorfi un po’ sguaiati…