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Pescuit sportiv
Un'instabile macchina a mano segue la figura d'un uomo che in controluce esce da un edificio; quando l'uomo si gira però guarda dritto nell'obiettivo e scopre che quello che lo segue è lo sguardo in soggettiva della fidanzata. Inizia così, in modo discretamente destabilizzante, l'opera prima di Adrian Sitaru, giovane regista rumeno appartenente all'ormai nota vague che da quasi un decennio cavalca premi e consensi dei maggiori festival in giro per l'Europa (basti citare i due più noti Corneliu Porumboiu, autore del molto apprezzato A est di Bucarest e Cristian Mungiu con il suo 4 Mesi, 3 settimane, 2 giorni vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes nel 2007). Sitaru viene - come pure tutti gli altri suoi giovani connazionali - da una non breve esperienza nel medio e nel cortometraggio.
Pescuit sportiv è un intreccio di campi e controcampi, soggettive che s'intrecciano e si specchiano l'una svelando la parzialità dell'altra. Alle prime due soggettive dialoganti degli amanti Mihai e Lubi - in macchina verso un agognato pic nic - si aggiunge presto e inaspettatamente quella della prostituta Ana, investita dalla coppia durante una discussione. La giornata fuori città prosegue come previsto, ma l'indecifrabhile presenza di Ana tra i due amanti non passerà senza conseguenze.
Hooked - questo il titolo internazionale del film - è il risultato di un anno di scrittura e di una lunga postproduzione. La sceneggiatura è il primo pilastro sul quale si regge l'intero impianto della pellicola, ma la scelta di spezzare la narrazione scomponendola nei frammenti delle tre soggettive non si limita ad essere trovata ludica, ricerca dell'effetto. "Ognuno vede quello che vuol vedere", dice a un tratto, con ghigno malizioso, la bella prostituta; ad ogni primo sguardo se ne aggiunge sempre un secondo (e un terzo e un quarto) a contraddire, precisare, smentire o rettificare il precedente.
È in questo modo che una commedia davvero intelligente e di raffinatezza non comune è attraversata fino all'ultima soggettiva – che senza poter essere identificata da una "contro-soggettiva", rimane sospesa in un'assoluta indefinitezza - dall'inquitudine, dal fremito del timore che qualcosa d'impoderabile stia per accadere. E dal disagio sottile che forse qualcosa sia già effettivamente accaduto, senza che nessuno abbia voluto accorgersene.