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Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo
Il martellante battage pubblicitario su Percy Jackson, iniziato molto prima dell'uscita in sala, è il chiaro segnale che all'orizzonte c'è una nuova saga cinematografica, chiamata a sostituire nei cuori dei fan, se il prototipo funzionerà, quella di Harry Potter, destinata ad esaurirsi nel giro di un paio di film.
Con il maghetto di Hogwarts, Percy (diminutivo di Perseus) condivide l'origine letteraria: è tratto da una serie di romanzi, non inglesi in questo caso, ma americani, ad opera di Rick Riordan e di notevole successo in patria. A dirigere è Chris Columbus, solido regista di molti film di avventura per ragazzi – la serie di Mamma ho perso l'aereo, ma soprattutto dei primi due Harry Potter – dunque garanzia di un buon prodotto mainstream.
Ma mai come in questo caso amare la combinazione di fantasy e avventura basterà ad apprezzare il film: è necessario avere più o meno l'età dei protagonisti (semidei quasi tutti adolescenti). La vincente idea di trasporre l'Olimpo e i suoi divini abitanti ai giorni nostri, attualizzandone con una indovinata dose di ironia usi e costumi, si smorza tuttavia nell'(ab)uso di cliché. L'America è il centro del mondo, sembra gridare il film, dunque appare lecito il “furto” dei luoghi cardine della mitologia greca dal vecchio continente agli States: l'ingresso dell'Ade è a Hollywood, l'Olimpo è in cima all'Empire State Building, e così via.
La regia sacrifica molte buone idee sull'altare della spettacolarizzazione: l'arco di trasformazione del protagonista è sfuggente, da un ragazzino con problemi assortiti – dislessia, deficit di attenzione – si passa ad un eroe troppo in fretta sicuro di sé. Inoltre, nella parte iniziale, tutti i personaggi sono presentati in una carrellata che spesso si limita ad elencare le caratteristiche principali di ognuno per passare subito ad altro. Product placement a go-go, dalle desiderabilissime Converse alate di Hermes all'uso genialoide dell'iPhone per non rimaner pietrificati dallo guardo di Medusa. Parata di star tra le divinità, con alterni risultati.