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Paulette
Per la serie: “Se vi è piaciuto quello, allora guardate questo”. Se in un piccolo paesino della Cornovaglia ci pensava la vedova Grace a portare scompiglio con un commercio stupefacente (L'erba di Grace di Nigel Cole, 2000), nel microcosmo di una palazzina alle porte di Parigi è l'anziana, bisbetica e xenofoba Paulette, la fuoriclasse Bernadette Lafont, attrice di Truffaut e Chabrol, ad avere la stessa intuizione. Con la misera pensione non arriva alla fine del mese e proprio quando è con l'acqua alla gola, osservando alcuni movimenti nel vicinato, scopre il giro del fumo. Il suo fiuto per gli affari e l'abilità da ex-pasticciera fanno dello spaccio il suo mestiere: se le amiche di Grace si facevano il the delle cinque con foglie di marijuana, le comari parigine (tra cui Carmen Maura) mettono su un business dolciario da sballo.
L'irriverenza della commedia di successo d'oltralpe e una dose, si fa per dire, di arte culinaria che va tanto di moda, sono gli ingredienti che il regista Jérôme Enrico ha sapientemente mescolato e il risultato, Paulette, è un film dissacrante sulla terza età, la crisi economica e il disagio sociale, ispirato al nostro cinema del dopoguerra. Invitante come una madeleine appena sfornata, questa favola metropolitana delizia come un bigné con tanto di crema strabordante, che fa poco bon ton, ma dà soddisfazione, come le grasse risate che suscitano le volgarità di Nonna Spinello.