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Pasolini
Pasolini, chi era costui? Abel Ferrara pensa bene: la morte di PPP come parte della vita di PPP. Ma non basta. In Concorso a Venezia era attesa una bomba: certamente per le polemiche, sperabilmente per l'esito artistico. Puff, sgonfiata, se volete, implosa.
Ferrara prende il feticcio Willem Dafoe, gli dà Pasolini, gli e si concede la libertà di farlo parlare in inglese davanti al taccuino di Furio Colombo, anglo-italiano a casa (la madre è Adriana Asti), italiano con Pino Pelosi e i ragazzi di vita. Vabbé, una Babele calcolata? No, e Riccardo Scamarcio che fa Ninetto Davoli in napoletano, Ninetto Davoli che fa Eduardo De Filippo in romano nella realizzazione ferrariana – si direbbe, felliniana - dell'incompiuto pasoliniano Porno-Teo-Kolossal non aiutano.
Ma anche il linguaggio cinematografico pecca di confusione, una confusione sopita, silenziata, dunque sorprendente per chi conosce, per chi apprezza Ferrara: che ne è del suo già proverbiale guerrilla-style, che ne è della sua poetica down into fucking hell, che ne è della sua creatività vampira? Sarà per la trasformazione parziale della sceneggiatura pornoteokolossale, sarà per la messa in immagini e suoni di alcuni capitoli da Petrolio, ma questo Pasolini è figlio di nessuno: PPP non avrebbe realizzato così i suoi progetti, questi progetti non sono realizzati da Ferrara per come lo conosciamo.
Se sul mistero della morte Abel e lo sceneggiatore Maurizio Braucci tornano al primo processo del '76, e alla faccia degli “intellettuali di sinistra” recepiscono il verdetto di omicidio in concorso con ignoti, il problema vero è la vita di PPP, ovvero la vita del film: dov'è il sangue, la linfa vitale? Pasolini è un nostro contemporaneo o un fantasma atemporale? Diremmo la seconda, e non ce l'aspetteremmo da chi ha trovato il gusto fottuto e redento del Cattivo tenente, il vampirismo esistenziale di The Addiction e, buon ultimo, l'orgia del potere di DSK (Welcome to New York): qui abbiamo un simulacro, la copia di un originale mai esistito sia nella storia (Pasolini) che nel cinema di Ferrara (Pasolini).
Esci dalla sala e ti chiedi: chi e che cosa ho visto? Chi e che cosa ho incontrato, conosciuto e, bell'intenzione, intimamente, emotivamente (sì, anche l'emozione intellettuale) apprezzato? Pasolini nasce con due padri, finisce per non averne nessuno: Willem Dafoe non è solo sosia, ma tensione carnale e intellettuale verso PPP; Ferrara trova ancora qualche immagine-dinamite, qualche sporcatura e qualche affondo degni di lui; la fotografia (Stefano Falivene) e il montaggio (Fabio Nunziata) guadagnano qualche attrazione; eppure…
Blowgang e orge gay-lesbiche, marchette e disdette non alimentano le polemiche, non sfamano la voglia di cinema: non è un film su Pasolini, non è un film di Abel Ferrara, di chi è Pasolini?