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Una scena di
Parlami d'amore
"Io mi chiamo Sasha". "Sono cresciuto nella comunità di recupero di Borgo Fiorito". "Vedere una donna che si trucca è bellissimo. Truccami"... Citazioni sparse da Parlami d'amore, opera d'esordio del ventiseienne Silvio Muccino che porta sullo schermo il libro omonimo scritto insieme a Carla Vangelista, coautrice della sceneggiatura. Operazione rischiosa nelle intenzioni, a dir poco funesta una volta compiuta: lui è un giovane parquettista, figlio di nessuno (i genitori tossicodipendenti lo hanno abbandonato da ragazzino, il padre passando a miglior vita, la madre scappando chissà dove), idealista e poco avvezzo alla praticità della vita, innamorato da quando aveva 8 anni di Benedetta (Carolina Crescentini), bambina che trascorreva le giornate con lui in comunità, oggi maledettissimo angelo e figlia dell'uomo che ha affidato a Sasha (dimenticavamo: per sicurezza il nome verrà ripetuto qualcosa come sei o sette volte...) il pavimento della sua lussuosa villa. Ma la vita, si sa (o almeno così suggeriscono sia il libro che il film), "è prepotente: non tiene conto della volontà degli uomini", e allora ecco che una notte la macchina di Nicole (Aitana Sánchez-Gijón) - quarantenne francese rifugiatasi in un matrimonio che le regala sicurezza senza amore - travolge quella di Sasha: le loro ferite, la solitudine, le paure, finiranno per unirli in un'amicizia che non potrà non trasformarsi in altro. Prima, però, i fantasmi del passato e le vecchie abitudini (il ragazzo è un asso del poker...) dovranno essere sconfitti.
Ipermercato d'emozioni, sovraesposizione di immagini e parole: la rivoluzione? L'innamoramento tra una donna di 40 anni e un ragazzo di 25. Parlare d'amore non è mai stata cosa semplice, è evidente, buttarne in scena pensieri e azioni in questo caso catastrofico: Muccino "mette dentro al film tutto se stesso", dai rimandi cinefili di appassionato spettatore (una passeggiata che dovrebbe far pensare a Godard, un pestaggio davanti al muro de Il conformista, più le scene in tv de L'atalante di Jean Vigo, ovviamente a casa di Nicole...), ai brani scelti per la colonna sonora, onnipresente e invasiva. Pedante e logorroico, sensazionalistico ed esasperante (ogni singola scena per raccontare, o dire, qualcosa di "emotivamente accattivante"), Parlami d'amore è pericolosa deriva del "giovanilistico" cinema italiano strombazzato negli ultimi anni, voluto pensato e realizzato da chi - parole sue - "non ha avuto difficoltà a trovare finanziamenti non grazie al suo nome, ma agli incassi ottenuti dai film interpretati precedentemente".