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Tom Schilling in Opera senza autore
Le fotografie degli altri. Nel 2006 incantò qualcuno, convinse molti, deluse pochissimi con l’esordio pluripremiato Le vite degli altri, tre anni più tardi scontentò tutti con The Tourist, starring Angelina Jolie e Johnny Depp, da allora son passate nove primavere ed ecco il tedesco classe 1973 Florian Henckel von Donnersmarck al “o la va o si spacca”: le mani avanti le mette, sicché il nuovo film, in Concorso a Venezia 75, s’intitola Opera senza autore. Ma il gioco vale la candela, ossia paga di più rinunciare all’autorialità schermendosi o, al contrario, licenziare un’opera che rischia un certo anonimato?
Comunque, dopo le vite, ecco le fotografie degli altri: complice Joseph Beuys, qui inopinatamente Professor Antonious van Verten (Oliver Masucci), il 30enne Kurt Barnert (Tom Schilling) trova infine l’arte per cui è artista. Fuggito da Berlino Est per Dusseldorf, copia su tela i ritratti fotografici di chi gli sta attorno, dalla moglie Ellie (Paula Beer) al di lei padre, l’ambiguo e già al servizio delle SS ginecologo Professor Seeband (Sebastian Koch), e inconsapevolmente affida alla sua pittura la facoltà di testimoniare e denunciare il crimine commesso dal medico alcuni lustri prima.
Dura tanto, troppo (oltre tre ore), Opera senza autore, ma il procedere fluviale non è molesto: un affrescone storico, dal Terzo Reich alla DDR e quindi alla Germania Ovest, superficialmente, un peana all’arte, e alla sua ontologia (il pericolo dell'ideologia) e teleologia, nel profondo, però un film a metà, nonostante la mole.
Gli interpreti sono bravi, su tutti Masucci e poi Koch, e nemmeno l’immoto non autore Schilling sfigura, la ricostruzione anodina ma accurata, epperò è film davvero tedesco, nella percezione comune del termine, ovvero funzionale ma non elegante, solido ma mai sorprendente, onesto e al più rigoroso: rischia, purtroppo, di tenere fede al titolo, e alcune trovate – la fusione panica col tutto suscitata da una cacofonia di clacson è da ergastolo – più che da von Donnersmarck sono da von Birkenstock, ovvero comode e inguardabili.
Chissà con una regia-regia, chissà con più sporcizia e dolore e verità che ne sarebbe stato di questi personaggi, e di noi spettatori, in cerca d’autore.