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Photo by Parisa Taghizadeh. Courtesy of Searchlight Pictures. © 2022 20th Century Studios All Rights Reserved
Il titolo italiano potrebbe essere un po’ vago, perché non è detto che il West End evochi subito quella zona di Londra in cui pullulano i teatri di tradizione. In uno di questi, il New Ambassadors, da settant’anni (con la pausa del Covid) va in scena ininterrottamente Trappola per topi, la celebre commedia poliziesca di Agatha Christie.
Se è giusto ritenere che Omicidio nel West End sia un film tutto interno alla storia del costume britannico, è altrettanto giusto guardarlo per quel che è: un sontuoso e gustoso intrattenimento intellettuale e popolare che rinverdisce una tradizione giallo-brillante oggi un po’ rimossa e guarda con rispetto e ammirazione all’universo letterario di Christie.
Opera prima per il grande schermo sia per il regista Tom George (all’attivo corti, doc, serie) che per lo sceneggiatore Mark Chappell (lunga esperienza in televisione), questa divertente e intelligente coproduzione anglo-americana, girata durante il secondo lockdown (da cui la possibilità di accedere liberamente a luoghi solitamente affollatissimi), si muove su due binari.
Da un lato, lavora su una coinvolgente struttura tradizionale incardinata sul whodunit, servendosi di una serie di personaggi archetipici (il detective stropicciato dell’infallibile Sam Rockwell, l’agente alle prime armi interpretata da una luminosa Saoirse Ronan, il morto odiato da tutti cioè Adrien Brody) e dei tipici meccanismi dell’inchiesta sul campo (interrogatori, deduzioni, false piste). Dall’altro, si lancia in un intrigante incrocio di suggestioni letterarie e cinematografiche mettendo insieme le marche della parodia e lo sguardo metatestuale.
Photo by Parisa Taghizadeh. Courtesy of Searchlight Pictures. © 2022 20th Century Studios All Rights ReservedOmicidio nel West End dimostra di aver assorbito lo spirito di Agatha Christie, inventando un giallo che parte da un suo classico che finora non ha mai conosciuto una versione per immagini che ne eternasse lo statuto come Assassinio sull’Orient Express o le avventure di Miss Marple.
L’idea che Trappola per topi sia qualcosa di prettamente teatrale e legato soprattutto al West End permette di accompagnare lo spettatore alla scoperta di un doppio mistero: sì la risoluzione del delitto creato ex novo ma anche quella dell’opera, nonostante il tradizionale annuncio che chiede agli spettatori di non rivelare il nome dell’assassino fuori dal teatro (da cui si capisce il successo imperituro e lo scandalo nazionale quando, qualche anno fa, qualche internauta svelò il colpevole).
L’omaggio alla scrittrice e alla sua epoca passa anche attraverso una teoria di riferimenti (che non diciamo) che indicano allo spettatore che conosce la commedia di leggere il “nuovo” omicidio alla luce di quello originale.
Pearl Chanda, Sam Rockwell, Harris Dickinson, e Saoirse Ronan. Photo by Parisa Taghizadeh. Courtesy of Searchlight Pictures. © 2022 20th Century Studios All Rights ReservedE per sottolineare ancora la dimensione riflessiva – e sottilmente ucronica – del film, pensiamo che a morire (per primo: non è detto sia l’unico) è il regista hollywoodiano (inventato), ingaggiato dal produttore britannico (vero: è John Woolf, che ha allestito La regina d’Africa, Oliver!, Camera con vista) per trasporre sul grande schermo proprio Trappola per topi (cosa mai avvenuta), arrivato a Londra per discutere con il rinomatissimo sceneggiatore (anche lui fittizio, per di più black a ribadire la volontà di mettersi in parallelo con la “storia ufficiale”), assistere agli spettacoli (e tra i protagonisti del film ci sono Richard Attenborough e Sheila Sim, interpretati con buffa solennità da Harris Dickinson e Pearl Chanda) e magari incontrare l’autrice (si vede anche lei, quasi
Tantissima carne al fuoco, eppure non si avverte né il peso di troppa teoria né la prevaricazione del pensiero sulla narrazione. Che è avvincente e spiritosa, esaltata da un’impeccabile confezione nostalgica che colloca Omicidio nel West End accanto a Invito a cena con delitto e Signori, il delitto è servito: un antidoto contro gli adattamenti posticci di Kenneth Branagh, ma anche qualcosa di più amabile della fin troppo celebrata Cena con delitto.