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Nuovomondo
L'immagine dei fiumi di latte e miele, solcati da donne e uomini anche nei titoli di coda, ad indicare fertilità, benessere, abbondanza, ha radici antiche. Molte culture - anche quella semitica che ritroviamo nei testi biblici - hanno, infatti, collegato il colore e la ricchezza nutritiva del latte all'abbondanza, alla stabilità, al possesso di una terra promessa. E in ogni tempo della storia l'uomo ha cercato questa sua terra ideale, sulle cui asperità si sono dolorosamente infranti tanti sogni ed utopie. Emanuele Crialese ha maturato e conservato anche lui, nei quattro anni che lo separano dal fortunato Respiro, l'ideale di un film che raccontasse un piccolo spicchio di storia ben presente nella memoria della sua terra d'origine, la Sicilia. La storia del movimento migratorio verso il Nuovo Mondo, non più conquistato da nobili pellegrini e militari europei, ma preso d'assalto, come la frontiera ultima oltre la quale voler dare corpo ad attese e speranze, da un esercito di poveri. Nuovomondo è la storia in tre parti, scrupolosamente e appassionatamente documentata, della coscienza e dei preparativi di un viaggio, del suo concretizzarsi e procedere, del suo ultimarsi, del suo compiersi e del suo aprirsi poi ad un viaggio diverso ed altrettanto difficile, verso una casa. Per un lavoro. La famiglia di Salvatore, che parte dalle pietre grezze dell'Isola e arriva nell'edificio di pietra dell'Island (si tratta di Ellis, "l'isola delle Lacrime", come veniva chiamata, dove obbligatoriamente si sostava per un'umiliante quarantena prima che la "porta d'oro" si aprisse sui grattacieli di New York), è l'emblema di tutte le famiglie in migrazione, è il simbolo di chi mette in gioco tutto ed è disposto a perdere il bene prezioso della memoria e della Patria, rischiando di lentamente morire "al passare d'ogni onda dell'Oceano", nel miraggio di una risurrezione. Non esiste per loro un sepolcro vuoto, ma esistono fabbriche e strade che, in quegli anni, stanno costruendo l'America come potenza. Crialese scrive e dirige un film sincero, commovente, ben scandito, che mescola rispetto e curiosità per un fenomeno epocale per il nostro Paese, del quale quei contadini non ne avevano nemmeno coscienza. L'antefatto siciliano è crudo e virato nei colori del grigio, più che del sole: sono nuvole, albe, indumenti, gesti simbolici e poche parole; il viaggio in mare è livido, angosciato, nel corso del quale si stringono rapporti di solidarietà anche tra "diversi", come tra Lucy (Charlotte Gainsburg, ispirata) e Salvatore (Vincenzo Amato, ammirevole); l'arrivo, l'inizio del sogno che si spegne, comincia a delinearsi con colori più accesi, a sfruttare una narrazione più tesa. Morale, storia, politica ne sono fortunatamente estranee: a Crialese interessano ora i "nuovi" sguardi, le "nuove" parole, insomma, il loro e nostro futuro.