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Una scena del film
Atmosfere, originalità, senso della misura. Non è affatto poco se si tratta di un noir. Soprattutto se italiano e di un semiesordiente come Davide Marengo. Che il ragazzo avesse sale in zucca, lo si era capito dallo sperimentale Craj con Teresa De Sio e Giovanni Lindo Ferretti. Ancora più stupefacente, quindi, il volo pindarico dal documentario teatrale al noir metropolitano. E per di più senza neanche lambire i videoclip del passato, come spesso accaduto ad assai più blasonati colleghi. Eppure, nel romanzo di Giampiero Rigosi le premesse ci sarebbero state tutte: un microchip miliardario, loschi e spietati figuri disposti a tutto per ottenerlo, una caccia senza esclusione di colpi che finisce per coinvolgere un inconsapevole autista d'autobus e una scaltra ladruncola in fuga dal mondo. Delle idee chiare di Marengo parla già la loro recitazione. Entrambi misurati come non li si vedeva da tempo, sono Valerio Mastandrea e Giovanna Mezzogiorno. Per quanto "uomo normalmente vile", inseguito nella storia da debiti e picchiatori, lui smette i panni del cane bastonato, trova un più serio equilibrio e non avverte neanche il bisogno di giggioneggiare. In parte forse aiutata dall'inedito ruolo della dark lady, ad opposti eccessi sfugge abilmente anche lei. Il meglio è però nella forma: movimenti di macchina, fotografia notturna e originalissime inquadrature, che nell'incipit fanno quasi pensare al bingo. E' bravo e maturo Marengo. Non solo ha occhio e sa quello che vuole. Si tiene anche alla larga dalle macchiette e quando necessario cede qualche millimetro al compromesso. Densità delle atmosfere ed efficacia narrativa si diluiscono strada facendo. Un paio di cattivi sono a tinte un po' forti e strizzano l'occhio allo spettatore. Anche quando il polso vacilla per scelte "non sue", Marengo tiene però bene le posizioni. I cedimenti sono poco più che millimetrici, la stoffa c'è tutta. Non c'è che da aspettare il momento in cui potrà concedersi di assecondare le sue intuizioni.